La storia delle 'fucate' a Floridia, dall'età Pre cristiana ai tempi del covid (LE FOTO)
Floridia cerca di non perdere le tradizioni. Soprattutto il Natale, evento molto sentito dai floridiani, alla pari con l'Ascensione, dove alla vigilia della nascita del Bambinello, nelle strade la gente dà vita alle fucate. La nuova amministrazione Carianni, in tempo di pandemia, ha già anticipato l'evento, organizzando una 'fucata' nell'area di Protezione civile, per poi diffonderlo attraverso i canali di comunicazione che il Comune ha a disposizione. E questo sarà il tema della conferenza stampa di Natale indetta dal sindaco per domani pomeriggio che illustrerà cosa il suo governo ha organizzato per questo fino 2020. Nuovo Sud ha deciso di raccontare le' 'fucate' attraverso la storia e la tradizione affidando al professor Salvo Sequenzia, semiologo ed esperto di comunicazione, la descrizione di riti e folclore.
I divieti anti Covid 19 del governo nazionale e della Regione quest’anno impediranno lo svolgimento di uno degli eventi più significativi della tradizione natalizia floridiana legato alla realizzazione delle “fucate”, i falò accesi nei vari quartieri durante la notte della vigilia di Natale. Una tradizione, quella dei fuochi rituali, assai sentita dalla comunità floridiana, le cui origini risalgono all’età pre-cristiana. Consolidatasi nel corso del tempo, essa ha suscitato l’interesse di illustri studiosi come, fra gli altri, Giuseppe Pitrè e Ignazio E. Buttitta, che nelle loro ricerche hanno evidenziato alcune caratteristiche tipiche degli antichi riti pagani praticati dalle comunità agricole durante il ciclo conclusivo dell’anno lunare; caratteristiche che il cristianesimo popolare ha successivamente assunto all’interno dei propri rituali sino ad assimilarle definitivamente facendo perdere le matrici originarie.
In uno studio in corso di pubblicazione sul numero di dicembre della rivista “Nuovi Segni” dal titolo “Persistenza del culto pagano dedicato a Estia-Vesta nella tradizione popolare delle fucate in Sicilia. Un caso studio”, ho ripreso la ricerca etno-antropologica condotta nei decenni scorsi da Nicola Cusumano ed Eugenio Manni e culminata in un congresso tenutosi a Palermo nel 1964 ed ho portato avanti una linea di indagine tesa a dimostrare la presenza di un “sostrato” pagano di riti e di pratiche cristallizzato intorno alla figura della Grande Madre e di divinità come Artemide, Venere ed Estia che, nel corso dei secoli, si è riversato nella religione cristiana sino a divenirne parte indissolubile e a definire, in continuità e contiguità con essa, i tratti di una vera e propria religione indigena che persiste e agisce in modo atemporale nelle pratiche, negli usi e nelle credenze di una comunità, in un intreccio di sacro e profano. Il fuoco ha avuto sempre un grande potere di accomunare le persone sia nella famiglia sia nella comunità. Nella famiglia il focolare ha sempre rappresentato il centro del gruppo familiare, e nelle comunità contadine iblee a conca – il braciere acceso – sostituiva il focolare domestico divenendo il cuore della casa: attorno alla “conca” si celebravano i riti del pasto, della conversazione, dei “cunti” e della trasmissione del sapere orale di un nucleo famigliare e di una comunità. Il focolare domestico era legato in Grecia al culto della dea Estia e nell’antica Roma alla dea Vesta. Tale culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro alla dea, il quale aveva un carattere simbolico. Nel suo tempio, secondo gli storici romani, non c’era alcuna sua statua, né immagini che la raffigurassero. A partire però del I secolo a.C. si ritrovano alcune sue raffigurazioni, che la dipingono con una fiaccola accesa in una mano, o mentre sorregge un bambino. Il focolare, specialmente d’inverno, era il centro vitale della casa e, nel periodo di Natale, il ceppo che in esso si consumava, oltre ad assolvere alla funzione di riscaldare, rappresentava uno stimolo alla riflessione e alla preghiera: stringendosi attorno ad esso, soprattutto i contadini, durante le pause del lavoro, ingannavano le lunghe veglie spesso evocando miti e leggende, fiabe e racconti fantastici in cui il sentimento religioso appariva turbato da spiriti maligni.
Si può allora affermare che “a fucata” rappresenta la proiezione esterna e collettiva del focolare domestico.Secondo alcune credenze popolari, il falò acceso alla vigilia di Natale vorrebbe ricordare il fuoco acceso da san Giuseppe per riscaldare Maria in attesa di partorire: spettava agli anziani del quartiere o della strada o ai capifamiglia il compito della scelta della legna da ardere, della sua collocazione rituale, della sua composizione e della sua accensione. Nell’accensione del falò, che un tempo doveva durare fino a capodanno, vengono a fondersi due elementi propiziatori: il valore profilattico, purificatorio e vitale del fuoco, e l’idea che insieme ai grossi tronchi che bruciano si consuma anche il vecchio anno, con tutto ciò che di male e di inerte si era accumulato. Dopo la seconda guerra mondiale, nell’altopiano ibleo sia per la forte emigrazione, sia per il passaggio da una società agro-pastorale ad una società industriale, sia per il cambio di abitudini sociali molte tradizioni popolari legata alla civiltà contadina sono andate perdute.
A Floridia la tradizione dei falò di Natale viene rilanciata tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta con l’avvento dell’amministrazione guidata dall’onorevole Egidio Ortisi.
Nello Studio teorico sulla città, redatto tra il 1985 e il 1986, vero e proprio manifesto programmatico in cui compaiono le linee guida che orienteranno per circa un ventennio l’azione politico-amministrativa del leader del movimento Primavera Floridiana, Ortisi intuisce che il recupero e la valorizzazione delle tradizioni locali non soltanto definiscono e consolidano lo spirito e l’identità di una comunità, ma rappresentano uno straordinario strumento di propaganda politica.
La realizzazione delle “fucate” nei vari quartieri viene dunque stimolata ed incentivata con contributi e con premi. Vengono indetti dei concorsi nei quali sono premiate le fucate più belle e spettacolari e nel 1994 viene allestito un “itinerario delle fucate” che diventerà il fiore all’occhiello della programmazione natalizia delle tre amministrazioni guidate da Ortisi, il quale, nel suo saggio Il mito e il rito, pubblicato nel 1994, così si esprimerà a proposito dell’importanza delle tradizioni locali: «[…] I nostri padri aspettavano e preparavano gli appuntamenti festivi non solo come momenti di pausa e di riposo da un lavoro duro e ingrato, ma anche come occasione preziosa, e irripetibile nell’anno, di ossequio e di devozione ai riti che guidavano e rassicuravano la collettività».
Forte di questo assunto culturale e ideologico, Ortisi chiamerà l’etnografo Nunzio Bruno per arricchire il palinsesto degli eventi legati ai festeggiamenti del Natale tra la prima metà degli anni novanta e il Duemila. Bruno realizzerà nella piazza centrale cittadina e nella sede del vecchio carcere mandamentale i primi presepi monumentali ispirati al paesaggio ibleo, mentre nelle piazze della periferia cittadina realizzerà originali grotte della Natività ispirandosi al modello costruttivo dello “stazzuni”, povera abitazione di contadini e di pastori iblei. Nello “stazzuni-Natività” Nunzio Bruno darà vita a una variegata e complessa orchestrazione di eventi culinari, musicali e teatrali realizzando a Floridia la prima vera e propria operazione di marketing turistico-culturale della sua storia.
Nel corso degli anni, tale offerta turistico-culturale nata attorno ai falò natalizi si è notevolmente arricchita grazie all’intervento di associazioni e di organizzazioni culturali quali la Pro loco, l’associazione Pulisena e il Centro Studi e Ricerche Popolari Xiridia, mentre valenti ricercatori locali, come il cineasta e documentarista Peppe Tata, hanno intrapreso una significativa attività di documentazione e di promozione delle tradizioni locali.
Oggi, in un momento di disorientamento e di confusione in cui i comportamenti collettivi e lo spirito di comunità sembrano sfibrarsi e dissolversi aggrediti dalla minaccia della pandemia, è importante mantenere viva la memoria della tradizione e i riti che scandiscono la vita collettiva.
In tal senso, in linea con le azioni già intraprese in altre regioni come la Puglia e la Calabria, non sarebbe peregrina la proposta di una legge che tuteli i rituali del fuoco a Floridia e nel comprensorio ibleo attraverso la istituzione di un registro regionale dei rituali festivi legati alle “fucate”, in modo da valorizzare le antiche tradizioni che riscoprono il senso delle comunità locali, impegnate nella tutela dei riti a forte identità geografica e di grande richiamo turistico.
Salvo Sequenzia