Raid a Macerata, oggi l'udienza di convalida di Traini
"Come sta la ragazza? Non volevo colpirla". L'unico 'errore' nella mente di Luca Traini, 28 anni, autore della caccia a migranti africani per le vie di Macerata, è stato quello di aver ferito alla spalla una giovane nigeriana vicino alla stazione. Aveva preso in realtà di mira 11 migranti, ma è riuscito a colpirne solo un numero inferiore. La sua idea iniziale, secondo il procuratore di Macerata Giovanni Giorgio, era quella di farsi giustizia da sé, nel Tribunale di Macerata, uccidendo il pusher nigeriano accusato di aver ucciso e smembrato la 18enne romana Pamela Mastropietro. Poi, aveva ripiegato sulla folle sparatoria contro migranti incolpevoli. Circostanza smentita dal difensore Giancarlo Giulianelli, secondo cui comunque sarebbe una dichiarazione inutilizzabile. Dopo un giorno in cella nel carcere di Montacuto ad Ancona, il 28enne di Tolentino si è confidato con il suo legale, che lo ha trovato "tranquillo e in buona forma fisica". Traini, simpatizzante di estrema destra con un'adolescenza segnata da problemi famigliari e dall'obesità, non si è pentito. In carcere, domani alle 16, si terranno l'udienza di convalida dell'arresto per le accuse di strage aggravata dall'odio razziale e l'interrogatorio. Ormai assodato il 'legame' tra la tragica fine di Pamela e il raid xenofobo: "quando ho sentito la notizia alla radio in auto ho 'sbroccato'", ha detto al difensore. Lui e Pamela non si conoscevano, ma lo scempio fatto del corpo della ragazza avrebbe scatenato la sua furia vendicativa. Tanto da fargli ammettere dinanzi ai carabinieri di aver pensato di uccidere Oseghale. "Volevo vendicare Pamela - aveva detto Traini ai militari - e fare qualcosa contro l'immigrazione, l'immigrazione clandestina va stroncata". Dopo la sparatoria è andato a pregare a Pollenza dov'era stato ritrovato il corpo della ragazza dentro i trolley, e vi ha lasciato un cero votivo di Mussolini, prima di farsi arrestare. Il difensore condanna l'azione "scellerata" del suo assistito che però "è solo la punta di un iceberg, la base è molto vasta". "Politicamente c'è un problema - ha spiegato Giulianelli -: mi ferma la gente a Macerata per darmi messaggi di solidarietà nei confronti di Luca. E' allarmante ma ci dà la misura di quello che sta succedendo". Di "rappresaglia nazi-fascista", ha parlato il sindaco Romano Carancini, secondo cui "non è un fatto isolato, c'è un fermento che dobbiamo essere in grado in maniera esplicita e non ambigua di fermare e combattere". La strategia difensiva punterà sull'infermità mentale anche se Traini, secondo il suo legale, non era in cura da uno psichiatra: "La personalità borderline di cui si 'vantava'? Solo frasi dette da un'amica alle prime armi in psicologia. Luca - sosterrà il difensore - è stato segnato dai traumi familiari e dall'obesità in adolescenza da cui è derivata la sua ossessione di riscattarsi con la palestra per avere un fisico scolpito". Altro elemento di una "personalità disturbata" è il "disordine nella sua stanza" perquisita dai carabinieri, dove sono stati trovati una copia del 'Mein Kampf', il libro di Adolf Hitler, e altri 'cimeli' nazisti. La difesa come evidenziato chiederà una perizia psichiatrica in quanto il 28enne non era consapevole di ciò che faceva, secondo l'avvocato: "Non si è pentito: ci si può pentire solo se si è consapevoli di quello che si fa". Un pensiero per i feriti nel raid? Traini si è rammaricato solo di aver centrato per sbaglio una donna. Ma dietro alle 'invisibili' vittime del tiro al bersaglio ci sono storie di fuga da guerre e violenza. Come quella di Wilson, ghanese, ricoverato in ospedale, arrivato dalla Libia su un gommone: "Ho visto persone uccise e vendute, soprattutto gente di colore. Lì le persone sono trattate come animali". Tutto è cominciato alle 11 del mattino: Luca Traini, 28 anni di Tolentino, incensurato, un passato su posizioni di estrema destra e candidato nel 2017 per la Lega al consiglio comunale di Corridonia, sale sull'auto e parte per la sua missione.ccidere quanti più stranieri possibile. Agisce da solo: al momento gli investigatori non hanno trovato nulla che possa far pensare ad un'azione organizzata con altri soggetti. Se a spingerlo sia stata proprio la morte di Pamela lo diranno le indagini; quel che è certo è che tra i due non c'era alcun legame, così come nessuno dei sei stranieri feriti aveva in qualche modo avuto a che fare con lui: bersagli scelti a caso. I primi sono stati colpiti in via dei Velini. Poi, ad allarme era già scattato, Traini ha fatto in tempo a sparare ancora in via Spalato, vicino alla casa dove viveva il presunto assassino di Pamela, contro il portone della sede del Pd, e in corso Cairoli. Svuota due caricatori interi, quasi una trentina di proiettili, con la sua pistola semiautomatica e regolarmente detenuta: è un miracolo che non sia morto nessuno. Quando è stato bloccato ha fatto il saluto fascista.