Palermo, il padre del piccolo Di Matteo: "Lo Stato mi protegga"
"Il mio contributo allo Stato e' costato la vita di mio figlio. Ho sempre collaborato. Ho perso la cosa piu' cara che avevo e lo Stato che fa? Si dimentica di tutto". A parlare a 'Repubblica Tv' e' il pentito Santino Di Matteo, padre del piccolo Giuseppe, rapito, strangolato e sciolto nell'acido 22 anni fa per costringerlo a ritrattare le accuse sulla strage di Capaci. Proprio oggi il ragazzino viene ricordato a San Giuseppe Jato. L'uomo e' stato espulso dal programma di protezione, perche' all'epoca torno' in Sicilia per provare a liberare da solo il figlio. Ma adesso rivuole quello che ritiene gli spetti. Cosi', contro l'allontanamento dal programma per i collaboratori di giustizia ha fatto ricorso e il Tar gli ha dato ragione; il Consiglio di Stato ha invece ribaltato la decisione, ma lui non molla. Del resto anche i giudici hanno ribadito che e' a rischio. "Ero andato a cercare mio figlio - continua - chiunque avrebbe fatto lo stesso al mio posto. Avevo sentito Giuseppe, mi aveva detto 'come stai, non ti preoccupare'... faceva lui coraggio a me... Lo Stato deve proteggermi". Poi si rivolge agli assassini di Giuseppe: "Questi signori che hanno fatto questa cosa, che hanno messo le mani su mio figlio, ne porteranno le conseguenze per tutta la vita. Voi la pagherete. Come e' uscito Riina, usciranno loro: usciranno dal carcere morti".