E' stato disposto dal Gip di Palermo
Maxi sequestro di 13 milioni di euro a fiancheggiatori del boss Messina Denaro
Beni per 13 milioni di euro sono stati sequestrati a quattro fiancheggiatori del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. Il provvedimento, eseguito congiuntamente da Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, è stato disposto dal gip di Palermo su richiesta della Procura distrettuale antimafia. Il sequestro coinvolge Vito Gondola, 77 anni, ritenuto il reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo; Michele Gucciardi, 62 anni, accusato di essere il reggente della famiglia mafiosa di Salemi; Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni, uomo d'onore della famiglia di Partanna; Pietro Giambalvo, 77 anni, uomo d'onore della famiglia di Santa Ninfa: tutti arrestati lo scorso agosto nell'ambito dell'operazione antimafia Ermes. Il sequestro riguarda beni mobili, immobili ed aziende, ubicate a Mazara del Vallo, Castelvetrano, Salemi, Partanna, Santa Ninfa e Trapani: otto aziende e una quota societaria (supermercati, aziende agricole e d'allevamento ovino); 68 immobili (27 fabbricati e 41 terreni), due autovetture, 36 rapporti finanziari e bancari.
Le indagini patrimoniali sfociate nel sequestro di beni per 13 milioni nei confronti di quattro presunti fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro hanno evidenziato il palese disvalore tra i redditi dichiarati dagli indagati ed i beni posseduti, per cui il provvedimento "si rendeva urgente e necessario anche al fine di scongiurare eventuali alienazioni a prestanomi o a terzi". Recenti indagini avevano evidenziato infatti come sia Vito Gondola che Giovanni Domenico Scimonelli, dopo essere stati arrestati, avessero dato mandato ai loro congiunti di vendere parte dei loro beni a terzi proprio per evitare eventuali provvedimenti di sequestro. I destinatari del provvedimento erano rimasti coinvolti nelle indagini svolte dagli investigatori del Servizio Centrale Operativo e delle Squadre Mobili di Palermo e Trapani, finalizzate alla cattura del boss Matteo Messina Denaro, che avevano consentito di individuare, fin dai primi mesi del 2012 la rete che veicolava i pizzini diretti al latitante o inviati dallo stesso e destinati alle famiglie mafiose della provincia di Trapani.