Mafia, sciolto Consiglio a Camastra: Tar respinge ricorso
Nessuna illegittimità nel provvedimento con il quale nell'aprile dello scorso anno è stato disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Camastra (Agrigento) per ingerenze della criminalità organizzata. L'ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall'ex sindaco Angelo Cascià e dal suo vicesindaco Vincenzo Urso. I fatti che portarono allo scioglimento del Comune segnarono come punto d'inizio un provvedimento cautelare emesso nel 2016 dalla Dda di Palermo nei confronti di alcuni esponenti della malavita locale; in seguito a questo, la Prefettura ritenne la sussistenza di legami tra gli amministratori locali e la malavita locale, dando così avvio alla procedura di nomina della Commissione straordinaria per la gestione dell'Ente. Ricordando come "lo scioglimento del Consiglio comunale prescinde dall'accertamento di responsabilità di singoli soggetti", il Tar ha segnalato come a suo avviso "non possono assumere rilevanza nel presente giudizio gli esiti dei giudizi richiamati dai ricorrenti, di cui peraltro non risulta il passaggio in giudicato"; piuttosto "è l'aspetto ambientale nel suo complesso ad assumere rilevanza ed è emerso che sussisteva una organizzazione malavitosa locale che aveva interesse, anche solo per influenzare i cittadini e mostrare il proprio potere di dominio potenziale, a mostrare di sostenere una certa parte politica in prossimità delle consultazioni elettorali". Per i giudici, tutti i fatti indicati e valutati consentono "di ritenere sufficiente il 'quadro di insieme' che deve caratterizzare i presupposti per lo scioglimento". La conclusione è che "diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti, i provvedimenti impugnati hanno correttamente individuato la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimavano l'adozione del provvedimento" di scioglimento dell'Amministrazione "evidenziando, con argomentazione logica e congruente, la sussistenza di numerose circostanze fattuali, dalle quali si è logicamente dedotta l'esistenza del 'condizionamento' in atto".