Sette arresti per mafia a Licata e Campobello: preso anche il reggente della cosca
I Carabinieri di Agrigento hanno fermato sette persone accusate di associazione mafiosa. In carcere sono finiti boss e gregari delle 'famiglie' di Licata e Campobello di Licata. Tra i fermati, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, c'è anche un consigliere comunale di Licata. L'inchiesta è coordinata dalla Dda di Palermo.
Le indagini, oltre a disarticolare i vertici e i 'quadri' dei due clan, hanno scoperto un'estorsione a una impresa che svolgeva lavori edili in Germania e hanno accertato l'interesse dei mafiosi nel settore del slot-machine. All'affare partecipava una società di distribuzione di apparati elettronici da gioco. Nell'operazione, denominata 'Assedio', sono stati impegnati oltre 100 carabinieri, un elicottero e le unità cinofile.
Tra i fermati dai carabinieri di Agrigento, nell'operazione che ha disarticolato le "famiglie" mafiose di Licata e Campobello di Licata, c'è il boss Angelo Occhipinti, 64 anni. Sarebbe il "reggente" della cosca di Licata. Occhipinti in passato è stato condannato per estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Fermati anche il consigliere comunale di Licata Giuseppe Scozzari, eletto a giugno del 2018, e un ex consigliere comunale che, secondo le indagini, si sarebbe, come anche altri politici, rivolto al capomafia per avere favori. L'inchiesta è coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Claudio Camilleri e Gery Ferrara.
"Davanti a questo ragazzo ci togliamo tutti il cappello". Così il boss di Licata Angelo Occhipinti, fermato oggi dai carabinieri di Agrigento su ordine della Dda palermitana, parlava del figlio di Totò Riina Giuseppe Salvatore, già processato e condannato per associazione mafiosa. Le parole, intercettate da una microspia degli investigatori, sono inserite in una conversazione tra il capomafia e un uomo d'onore a cui sarebbe stato chiesto in carcere proprio dal rampollo del padrino corleonese di "stuccare" (eliminare ndr) un licatese. Il particolare emerge dal provvedimento di fermo che riguarda in tutto sette persone tra cui un consigliere comunale accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Armi, denaro e un jammer, un'apparecchiatura usata per neutralizzare le microspie e 'disturbare' le intercettazioni telefoniche e ambientali sono stati trovati nel corso di perquisizioni disposte nell'ambito dell'indagine della Dda di Palermo che ha portato a sette fermi. In cella, tra gli altri, sono finiti il boss di Licata Angelo Occhipinti e il consigliere comunale Giuseppe Scozzari.
Spunta il nome del deputato regionale Carmelo Pullara nel provvedimento di fermo di sette persone indagate per mafia dai carabinieri, tra cui il boss di Licata Angelo Occhipinti. Il capomafia intercettato definisce il parlamentare "a disposizione" del clan. Pullara, 48 anni, eletto alle ultime regionali, è iscritto al Gruppo Popolari e Autonomisti. Fa parte della commissione regionale Antimafia.
Estorsioni, gestione delle slot machine e dei parcheggi abusivi nelle località balneari ma soprattutto - ponendosi quale organo di controllo parallelo, rispetto allo Stato, - attività di intermediazione. L'intera inchiesta antimafia, denominata "Assedio", è stata concentrata su colui che viene ritenuto, dai carabinieri e dalla Dda di Palermo il "reggente della famiglia mafiosa" di Licata: Angelo Occhipinti. Il bossi era stato scarcerato nell'ottobre del 2017 e subito si era rimesso - stando alle accuse, che sono state ufficializzate durante la conferenza stampa dei carabinieri del comando provinciale di Agrigento, - in movimento per i suoi affari criminali. L'inchiesta ha permesso di portare alla luce una estorsione per dei lavori di costruzione realizzati in Germania. "Due licatesi vantavano, per i lavori realizzati, circa 10 mila euro. La controparte - stando a quanto è stato ufficialmente ricostruito dal colonnello Giovanni Pellegrino, comandante provinciale dell'Arma di Agrigento - non voleva dare nulla. Grazie all'intercessione di Angelo Occhipinti - ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri - la vittima, non ha esitato a versare la somma di 5 mila euro. Ed ecco che s'è configurata l'estorsione". La capacità di intimidazione e mediazione è risultata emblematica grazie alla ricostruzione di tre diversi episodi. In un caso, un gioielliere licatese - dopo aver ricevuto una busta contenente cartucce - ha subito chiesto protezione al reggente della famiglia mafiosa. Solo successivamente ha denunciato l'episodio alle forze dell'ordine. "Occhipinti aveva fatto sapere - ha proseguito Pellegrino - che quella busta non era un tentativo di 'messa a posto', ma sarebbe stata legata a vicende personali". In un secondo caso, un ex consigliere comunale di Licata (che non è stato fermato e non è indagato come scritto in precedenza), al quale era stato rubato un ciclomotore, si era rivolto al capo clan per poter rapidamente ottenere la restituzione del mezzo. Il terzo episodio ha riguardato un ladro che ha chiesto ed ottenuto il "permesso" per andare a compiere un furto all'interno di una abitazione. fermati dai carabinieri della compagnia di Licata e da quelli del comando provinciale di Agrigento nell'ambito del blitz della dda contro i clan di Licata e Campobello sono: Raimondo Semprevivo, Vincenzo Bellavia, Angelo Graci, Angelo Occhipinti, Giuseppe Puleri, Giuseppe Scozzari, Giuseppe Salvatore Spiteri. Nell'inchiesta risultano indagati, ma non è stato eseguito alcun provvedimento di fermo perché sono già in carcere, anche Vincenzo e Gabriele Spiteri.(Nella foto il reggente della cosca di Licata, Angelo Occhipinti)