La strage di San Gregorio 45 anni fa: commemorati i carabinieri uccisi
Sono trascorsi oramai 45 anni dall’eccidio del 10 novembre del 1979, ma la ferita è sempre aperta nei cuori delle famiglie ed oggi, 10 novembre 2024, presso la Chiesa Madre del comune di San Gregorio di Catania, alla presenza del Comandante Provinciale dell’Arma dei Carabinieri, Colonnello Salvatore Altavilla, del Prefetto di Catania Maria Carmela Librizzi, e delle autorità civili e militari catanesi, si è tenuta una messa in suffragio del Vice Brigadiere Giovanni BELLISSIMA di 24 anni e degli Appuntati Salvatore BOLOGNA di 41 e Domenico MARRARA di 50, caduti quel 10 novembre del 1979 nell’adempimento del loro dovere in un sanguinoso attentato ordito ed eseguito da componenti di un’organizzazione mafiosa.
La cerimonia religiosa, celebrata dal parroco della Chiesa madre di San Gregorio di Catania Don Ezio COCO, è stata preceduta dalla deposizione, da parte del Colonnello Salvatore Altavilla, di una corona d’alloro dinnanzi il monumento posto sul luogo dell’eccidio in ricordo dei caduti, il casello autostradale della A18 Catania Messina. Al termine della celebrazione religiosa, il Comandante Provinciale dell’Arma, in un clima di sentita commozione, ha rievocato nel suo intervento i tragici ed efferati momenti della strage, compiuta da un commando mafioso per liberare e poi uccidere, alcuni giorni a seguire, il boss Angelo PAVONE, che doveva essere trasferito dal carcere di Catania a quello di Bologna.
Hanno preso parte all’evento, oltre a Rosario, figlio dell’Appuntato MARRARA e Matilde ARBIA, vedova dell’Appuntato BOLOGNA, accompagnata dal figlio Paolo, anche le Sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri e quelle dei Comuni limitrofi, nonché i giovani della parrocchia Santa Maria degli Ammalati di San Gregorio di Catania.
CENNO SULLA STRAGE DEL CASELLO DI SAN GREGORIO
Il 10 novembre 1979, alle ore 05.00, dalla Casa Circondariale di Catania aveva inizio la traduzione straordinaria del detenuto PAVONE Angelo (detto “faccia d’angelo”, cassiere del clan Mazzei – detti i carcagnusi –, arrestato a Napoli alcuni mesi prima mentre riscuoteva 650 milioni, quale prima rata del riscatto pagato per la liberazione dell’industriale ferrarese Lino Fava) verso la Casa Circondariale di Bologna. Per il servizio veniva utilizzata un’autovettura MERCEDES di proprietà della S.A.E.F. s.r.l. (Società Appalti e Forniture) condotta dall’autista civile PAOLELLO Angelo, mentre per la scorta - a cura dell’Arma dei Carabinieri - venivano comandati il V.Brig. BELLISSIMA Giovanni, 24 anni, effettivo alla Stazione di Catania Piazza Dante e gli Appuntati BOLOGNA Salvatore, 41 anni, e MARRARA Domenico, 50 anni, effettivi al Nucleo Tribunali e Traduzioni di Catania. Dopo essere regolarmente partiti dalla Casa Circondariale ed attraversato il centro urbano, giunti al Casello Autostradale di San Gregorio, per immettersi nell’autostrada Catania-Messina, l’autovettura veniva proditoriamente fatta segno da numerosi colpi d’arma da fuoco a seguito dei quali, tutti i militari decedevano, mentre l’autista rimaneva gravemente ferito. Gli assalitori si dileguavano senza lasciare traccia dopo aver liberato il Pavone, il cui cadavere verrà ritrovato poi, il 21 novembre successivo, all’interno di una discarica nei pressi del cimitero di Gravina di Catania, ucciso per auto strangolamento (incaprettamento) e con svariate ecchimosi al viso, segno inequivocabile delle violente percosse subite.
La storia giudiziaria confermò che l’evasione era stata progettata dai suoi ex soci e che “faccia d’angelo” aveva tradito gli “amici” intascando per conto suo cospicua parte del sequestro Fava.
Il feroce crimine ebbe ampia risonanza sia a livello locale che nazionale, amplificato dalla circostanza che proprio in quei giorni la città era interessata dalla visita del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini il quale visitò le salme dei tre Carabinieri e che in lacrime avrebbe mormorato: “siamo in guerra e le Forze dell’Ordine sono in prima linea”.