'Ndrangheta, dopo 49 anni si riapre il processo sul sequestro e l'omicidio di Cristina Mazzotti
A oltre 49 anni di distanza, domani in Corte di Assise a Como si riapre il processo sul sequestro e l'omicidio di Cristina Mazzotti, la diciottenne rapita a Eupilio (Como) il primo luglio 1975 mentre rientrava a casa da una festa con amici, morta durante la detenzione 25 giorni più tardi e il cui corpo fu abbandonato in una discarica di Galliate (Novara), dove fu trovato il primo settembre di quell'anno.
Fu il primo sequestro di una donna e per l'intera vicenda sono state già condannate tredici persone, ma nei processi non entrarono mai gli esecutori materiali e i mandanti, questi ultimi si ritiene uomini affiliati alla 'ndrangheta calabrese.
A processo domani per il reato di omicidio come conseguenza di sequestro di persona, comparirà Giuseppe Morabito, il boss quasi ottantenne della 'ndrangheta residente nel Varesotto, Giuseppe Calabrò detto "U' Dutturicchio", 70 anni, Antonio Talia, 73 anni, precedenti per armi e droga, e Demetrio Latella, 70 anni, reo confesso del sequestro.
Sull'auto su cui viaggiava la ragazza venne trovata un'impronta di una persona estranea, impronta che soltanto nel 2006 fu possibile atttribuire a Latella, il quale confessò di avere partecipato al sequestro e fece i nomi degli altri due a processo domani.
Nel 2011 tuttavia il fascicolo a carico di Latella venne archiviato.
Ora è stato riaperto grazie alla richiesta dell'avvocato Fabio Repici, che assiste i familiari del giudice Bruno Caccia, ucciso da un agguato di 'ndrangheta a Torino nel 1983. Nell'inchiesta Caccia era stato coinvolto Latella, la cui posizione fu poi archiviata. Il legale, cercando informazioni su Latella, si imbattè nella vicenda Mazzotti, e, ritenendo non fondate le ragioni dell'archiviazione nell'inchiesta sul rapimento, chiese la riapertura del caso, che l'anno scorso è stata accolta dalla gup Angela Minerva.