Acate, una folla di giovani per dare l'ultimo saluto al giovane Giuseppe Curvà
Le stagioni del dolore sembrano proprio non finire, si rinnovano tragicamente e uniscono lassù, in un ideale abbraccio, due diciottenni la cui vita è stata troncata prematuramente da eventi differenti. Nella rabbia e nei rimpianti delle famiglie e di una comunità, quella di Acate, che troppe volte, di recente, ha dovuto rendere l’estremo saluto ai suoi figli.
Non più di sette mesi fa, era un rigido pomeriggio di gennaio, la bara bianca di Igor Belfiore, che lottò con tutte le sue forze contro una grave patologia, usciva tra la commozione generale dalla chiesa Madre. Oggi pomeriggio, in una rovente giornata di fine estate, l’intero paese si è stretto ai genitori, ai fratelli e ai familiari di Giuseppe Curvà, vittima di un incidente stradale mentre, guidando un calessino trainato da un cavallo, percorreva la provinciale 3, a qualche chilometro da Pedalino.
Nel luogo della collisione con un suv condotto da un quarantenne acatese (e la cui dinamica è al vaglio degli inquirenti), rimangono ora alcune macchie di sangue e fiori bianchi, a testimonianza dell’ultima passeggiata finita in tragedia di Giuseppe, l’amico di tutti, bello nell’aspetto e nel cuore, con una passione sviscerata per tutti gli animali e specialmente i cavalli, come tanti suoi coetanei e molti maschi di tutte le generazioni locali.
In una Matrice colma all’inverosimile, a rivolgere parole di conforto a tutti i parenti del bravo e sfortunato giovane, durante il rito funebre, è stato il parroco Mario Cascone, che già durante l’Adorazione Eucaristica tenutasi nella chiesetta di Marina di Acate, la sera precedente, lo aveva ricordato: “Ogni volta restiamo scossi, commossi, turbati da queste circostanze che gettano nel dolore tante famiglie ma anche l’intera comunità. Signore, accogli tra le braccia della tua misericordia questo giovane e conducilo nel Tuo Paradiso. Preghiamo anche per i suoi familiari perché il dolore atroce che stanno vivendo non può trovare parole sufficienti per un conforto. Noi non comprendiamo, facciamo fatica a capire, ci dobbiamo inchinare però di fronte a queste circostanze che ci dicono solo che noi non siamo padroni della vita: un dono prezioso che dobbiamo custodire e amministrare senza sapere quanto dura”.
Il feretro era stato accolto dai tanti amici in moto che hanno suonato a distesa i clacson dei loro mezzi, mentre tra gli scroscianti applausi del popolo convenuto si poteva udire anche un brano musicale di un cantante neomelodico e nella Villa Margherita stazionava un cavallo. A completare la struggente cornice dell’addio a Giuseppe palloncini e magliette con la scritta “Vivrai sempre ni nostri cuori”.
Al termine della cerimonia il mesto corteo si è avviato al cimitero, distante solo qualche centinaio di metri dalla sua abitazione, meta in questi giorni di un incessante pellegrinaggio.
L’estate era appena iniziata, invece quando un’altra grande folla gremì la chiesa Madre di Acate per l’ultimo saluto a Gianluigi Campo, il dipendente dell’Asp di Ragusa, deceduto a soli 32 anni a causa di una malattia contro la quale lottò con tutte le sue forze.
Tutti e tre, Igor, Gianluigi, e ora Giuseppe, hanno lasciato dei ricordi indelebili in quanti li conobbero e stimarono, come testimoniano le centinaia di manifestazioni di affetto che si possono leggere sui social.