Palermo, vivo nella strage Borsellino: pentito Avola non era in via D'Amelio
"Confermo che quel giorno, in Via D'Amelio, quando arrivammo con il giudice Paolo Borsellino, non c'era nessuno in divisa e neppure alcun rappresentante civile. Se poi si era nascosto questo non lo posso sapere. Sono stato sentito nuovamente dalla magistratura, di recente, non ho sconfessato nessuno, ho detto solo quello che ho visto in via d'Amelio". A dirlo, intervenendo al Centro studi 'Paolo e Rita Borsellino', è Antonino Vullo, l'unico agente di scorta sopravvissuto alla strage Borsellino. Nel 2021 l'ex killer al servizio del clan di Nitto Santapaola a Catania, collaboratore di giustizia dal 1994, poi uscito dal programma di protezione, Avola era tornato agli onori della cronaca quando si era autoaccusato della strage di via D'Amelio. Aveva raccontato di essere lui l'uomo sconosciuto avvistato da Gaspare Spatuzza nel garage di via Villasevaglios a Palermo, dove era stata imbottita l'autobomba usata per uccidere il giudice Paolo Borsellino. E in via d'Amelio sostenne di esserci stato pure lui, quel 19 luglio del 1992, travestito da poliziotto. Ha detto ai magistrati di aver comunicato a Giuseppe Graviano il momento esatto in cui far esplodere la Fiat 126. Un racconto che, però, non aveva convinto gli inquirenti. La procura di Caltanissetta, diretta all'epoca da Gabriele Paci, aveva smentito le affermazioni di Avola, ripetute anche davanti ai pm: due giorni prima della strage, infatti, la polizia aveva fermato il mafioso con un braccio ingessato a Catania.