Milano, Giulia Tramointano avvelenata da due mesi: "Non è riuscita a difendersi"
Più coltellate al collo e al dorso, ben 37 colpi, hanno provocato la morte "per emorragia" di Giulia Tramontano, la giovane incinta del piccolo Thiago. Lo spiega con un linguaggio crudo uno dei medici legali che sta testimoniando nel processo ad Alessandro Impagnatiello, il compagno della vittima, durante la quinta udienza, oggi in tribunale a Milano.
Tra i dettagli forniti dall'esperto Nicola Galante c'è quello che "il decesso del feto è successivo alla morte della madre determinato da un’insufficienza vascolare provocata dall’emorragia", assenza di sangue di cui "il feto ne ha risentito ed è morto".
"Giulia non è riuscita a difendersi"
"Non c'è alcun tipo di lesioni autoprodotta da Giulia, non c'è nessun tentativo di difesa, l'impressione è che lui l'abbia colpita da dietro, quando le era alle spalle", è uno dei passaggi dell'intervento del medico legale Andrea Gentilomo, uno degli esperti che si è occupato dell'autopsia della 29enne.
Il corpo della vittima presenta "una serie di lesioni vascolari che hanno interessato il distretto del collo (ben 24) e toracico", sono le coltellate alla carotide sul lato destro e un'altra lesione alla vena succlavia sul lato sinistro a determinare una "rapidissima" perdita di sangue. L'esperto non può avallare l'ipotesi di difetti di coagulazione legati alla gravidanza (tesi della difesa) e sottolinea come nessuna coltellata o colpo alla pancia sia emerso in sede di autopsia.
L'esperto elenca con ordine le 37 coltellate, la "gran parte" nella carne viva e prova a ricostruire la dinamica dell'aggressione, come la coltellata alla laringe con cui, forse, avrebbe impedito a Giulia Impagnatiello di gridare. E' l'anatomopatologo a chiarire, come già fatto dal collega, che la morte del feto, il piccolo Thiago che sarebbe morto due mesi dopo, è "conseguente alla morte di Giulia".
"Giulia avvelenata da 2 mesi, morta per emorragia"
Per mesi a Giulia Tramontano, e il feto di Thiago, sono state somministrate dosi di Bromadiolone, un veleno per topi, dal "sapore amaro" e che ha, tra gli effetti collaterali, "mal di pancia" e la possibilità di emorragie della parete gastrica, ha spiegato Mauro Minoli, medico tossicologo.
"E' impossibile dire quando è iniziata la somministrazione di questo veleno che si accumula nell'organismo, soprattutto nel fegato che lo elimina in tempi molto lunghi (fino a dieci giorni). Nel capello di Giulia Tramontano era presente, quindi l'assunzione è avvenuta nell'arco degli ultimi due mesi. E' stato rilevato sia nella madre che nel feto, nel fegato di lei era in una quantità 30 volte superiore perché la placenta è riuscita un po' a eliminare la tossicità" spiega l'esperto che non può dire "quante somministrazioni" sono state inflitte alla vittima, ma l'analisi del capello svela che "sicuramente l'ultimo mese ha una risposta più alta" che vuol dire che c'è "un aumento di somministrazione nell'ultimo mese, mese e mezzo" prima dell'omicidio del 27 maggio scorso a Senago, uccisa con 37 coltellate e il cui corpo è stato poi dato alle fiamme. "Sul corpo - conclude - è stato sparsa della benzina, alcuni reperti (indumenti, ndr) hanno trattenuto benzina, alcol e acetone". Con la testimonianza del quarto medico legale si chiude l'udienza: la prossima è fissata per l'11 aprile quando saranno ascoltati cinque testimoni dell'accusa.
L'orario della morte "difficile da stabilire"
Difficile stabilire l'orario della morte, date le fiamme appiccate sul cadavere. Le 37 coltellate, un "numero sicuramente elevato" sono state inferte con strumenti da cucina: "Almeno un paio di coltelli sequestrati in casa sono compatibili con le ferite" spiega Gentilomo. Dettagli che vengono elencati mentre Impagnatiello, dalla gabbia, piange in modo silenzioso e con la testa bassa.
La corte d'Assise d'appello di Milano, su richiesta delle parti civili (a cui si sono associati la difesa e la procura), ha detto sì alla richiesta di porte chiuse con riferimento alle immagini dell'autopsia e del ritrovamento della giovane.
Il difensore della famiglia della 29enne, Giovanni Cacciapuoti, ha chiesto di procedere a porte chiuse, di fronte a "immagini necessarie per l’istruttoria, ma che è meglio non mostrare" alla stampa e agli studenti presenti in aula. I giornalisti, e il pubblico, potranno tornare in aula solo per le conclusioni orali dei medici legali che hanno eseguito l’accertamento sul corpo senza vita della giovane donna incinta del piccolo Thiago. In aula, oltre alle parti, anche l’imputato che rischia l'ergastolo.
"Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora, affinché sia fatta giustizia per lei e Thiago". Sono le parole che Franco Tramontano, papà di Giulia, a affidato ai social prima dell'udienza.
Mamma Loredana, su Instagram, ha scritto: "Oggi ancora più forte: giustizia per Giulia e Thiago". Mentre Mario, il fratello minore della vittima, mostra una foto della famiglia. "Continueremo a lottare ogni singolo istante della nostra vita, affinché sia tolta la libertà per sempre a chi ti ha negato la possibilità di essere una madre, una figlia, una sorella e tanto altro. Ti amo e mi manchi Giulié".