Operazione antimafia tra Palermo e New York: 17 persone fermate
I nomi sono gli stessi da anni: Gambino, Rappa, Badalamenti. E sono gli stessi anche i legami che dal secolo scorso uniscono le mafie siciliane e quelle americane. Un asse criminale che non si è mai spezzato nonostante il tempo e gli arresti e che torna d'attualità grazie alle scoperte investigative dello Sco della polizia e dell'Fbic he oggi hanno fermato 17 persone tra l'isola e New York. Una operazione antimafia che conferma gli storici rapporti tra clan del vecchio e del nuovo continente. Al centro della tranche italiana dell'inchiesta c'è Francesco Rappa. Condannato definitivamente per tre volte per associazione mafiosa, organicamente inserito nei colossali traffici di droga di Cosa nostra tra la Sicilia e gli Usa, fu arrestato negli Stati Uniti dopo essere stato trovato con ottantuno chili di eroina nascosti nella Cadillac con cui era sbarcato dalla nave che lo aveva portato a New York. Uscito di galera dopo avere spiato la pena, Rappa è tornato ai vertici della famiglia mafiosa di Borgetto, continuando a mantenere rapporti con i Gambino di New York, città in cui vive il figlio Gabriele, ritenuto dalle autorità statunitensi affiliato alla cosca mafiosa criminale della Grande Mela. Ed è proprio grazie al figlio che Rappa ha continuato a svolgere - scrivono i pm - il ruolo di "privilegiato ed autorevole interlocutore degli affiliati del clan americano perpetuando, così, la sua delicatissima funzione di collegamento tra la consorteria mafiosa siciliana e quella statunitense". Come Rappa, finito sotto indagine alla fine degli anni '70 grazie alle intuizioni del vice questore Boris Giuliano, ucciso dalla mafia nel 1979, anche i Gambino sono vecchie conoscenze degli inquirenti. La famiglia mafiosa newyorkese fu tra le protagoniste dell'inchiesta Pizza Connection la madre di tutte le indagini sui legami tra le mafie dei due continenti che scoprì il business miliardario del narcotraffico tra Sicilia e Usa. I "cugini" americani continuano a fare affari con gli affiliati siciliani, in particolare, oltre che con i boss di Borgetto, con i clan di Torretta e Partinico. Ai fermati - sette in Sicilia e dieci negli Usa - la Dda di Palermo guidata dal procuratore Maurizio de Lucia contesta i reati di associazione mafiosa, estorsione, incendio doloso, turbativa d'asta, cospirazione. Dall'inchiesta, che ha accertato decine di taglieggianti commessi dai Gambino nei confronti di imprese edili newyorkesi, sono emersi anche particolari curiosi. Dai "cugini" siciliani gli affiliati d'oltreoceano avrebbero imparato a tenere un profilo basso nelle estorsioni. Alle vittime vanno chieste somme ragionevoli: una strategia che il racket in Italia attua da tempo e che ora, su consiglio di un vecchio capomafia di Partinico, adottano anche oltreoceano. Sempre seguendo i suggerimenti del boss, gli americani avrebberodeciso di abbandonare le azioni violente nei confronti degli estorti optando per una linea più soft. Gli investigatoriinoltre hanno accertato che, in vecchie estorsioni commesse adanno di ristoratori di origini siciliane da anni a New York,Cosa nostra siciliana avrebbe aiutato i clan americani a incassare facendo pressioni sui familiari delle vittime che vivono ancora in Sicilia. "Cosa nostra palermitana interagisce con quella newyorkese con modalità che si sono andate adeguando al passare del tempo",ha detto Vincenzo Nicolì, capo dello Sco della Polizia, durante una conferenza stampa sull'operazione antimafia di oggi. Secondo il capo dello Sco "i clan palermitani sono ancora in grado di fornire indicazioni organizzative agli americani su come condurre le attività, in particolare quelle estorsive: limitare i guadagni pur di fare estorsione, anche abbassare le pretese pur di estorcere e controllare il territorio".