Acate, "diario di guerra" visto con gli occhi di un bambino e quelle pagine strappate
Un diario in cui uno studente annotava giornalmente l’eco degli avvenimenti della seconda guerra mondiale di cui si aveva notizia ad Acate, leggendo il Giornale di Sicilia o ascoltando alla radio i bollettini del comando supremo delle Forze Armate, è una testimonianza di valore per la memoria. Lo custodisce come una preziosa reliquia un anziano professore di matematica, Giovanni Pignato, che a distanza di ottant’anni dal coinvolgimento della Sicilia nel conflitto ce ne fa partecipe: «Fu il mio insegnante di italiano della scuola media di Vittoria, Giacomo Samperisi, che nell’anno scolastico 1942-43 ci invitò ad appuntare regolarmente, su un quaderno dalla copertina nera, fatti ed emozioni che suscitavano l’interesse di noi alunni. Non avevo compiuto ancora 13 anni quando iniziai a riempire quelle pagine e diligentemente proseguii il compito fino al mese di luglio».
Metodico, certosino, diligente nel portare a termine l’incarico ricevuto, Pignato, scriveva di guerra e la “vedeva” con gli occhi di un bambino, come Useppe il personaggio de “La storia” di Elsa Morante: «Che la vita della mia famiglia fosse cambiata lo percepivo chiaramente. Mio papà Salvatore, appuntato della Guardia di Finanza, mi rassicurava sempre, ma il 9 luglio quando le bombe alleate colpirono il centro cittadino, provocando quattro morti, compresi chiaramente che non eravamo più sicuri, la guerra riguardava anche noi».
Qual è il suo ricordo?
«Non ci aspettavamo, in paese, quella devastante incursione aerea che ci mostrò l’orrore dei conflitti. Quelle vittime innocenti ci fecero abbandonare le nostre case nel timore di nuovi tremendi attacchi. Per fortuna dopo alcune settimane si tornò a una sofferta normalità, noi ragazzi tornammo in strada con i soliti giochi e con altri nuovi».
Di che genere?
«Andavamo in gruppo a Comiso, in bicicletta, nei luoghi dove precipitavano gli aerei abbattuti e rischiando l’incolumità ci introducevamo nei relitti spesso ancora fumanti. Una volta all’ingresso dell’abitato di Vittoria cadde un altro velivolo e scorgemmo chiaramente il cadavere spoglio del pilota. Come se fosse oggi ho ancora l’immagine del carro armato abbandonato dai tedeschi in fuga, ai Quattro Canti di Acate, a pochi metri dalla mia abitazione. Uno spettacolo di fuoco e di esplosioni».
In contrada “Costa Gatta” gli americani avevano lasciato un enorme quantità di bossoli: «Con sprezzo del pericolo ci recavamo sul posto e spesso notavamo degli amici più grandicelli intenti ad accendere delle bombe fumogene. La coltre gialla spesso arrivava al centro del paese, i “monelli” scappavano e poi ritornavano ad esplorare la montagna di ordigni, tentando di prelevare la polvere da sparo. Per togliere la spoletta percuotevamo i bossoli sui tronchi degli alberi, quanto eravamo incoscienti!».
Professore, perché alcune pagine del suo diario sono strappate?
«A distanza di ottant’anni posso fare solo un’ipotesi: avendo chiara la percezione che la guerra era ormai perduta e che le idee e i valori di cui ci nutrimmo ci avevano solo illuso, la delusione fu tanta e un fremito di rabbia, nella dissoluzione di tutto quel mondo, forse mi spinse a distruggere le annotazioni di quel tragico periodo”.
Nel diario di Pignato sono presenti l’ammirazione per il Duce e il Re, l’ardore per il destino della Patria, la commozione per l’eroismo dei soldati mutilati, ma non mancano i sogni, i desideri e i propositi, tipici per ogni bambino di quell’età (la gita, la richiesta della bicicletta, l’impegno a conseguire la promozione con il massimo di voti). Qualcuno offuscato da un velo di tristezza.