Il mondo condanna la Russia all'Onu, "via dall'Ucraina"
Per la sesta volta in un anno il mondo si rincontra al Palazzo di Vetro e si schiera al fianco di Kiev, isolando Mosca con una risoluzione perentoria passata con 141 sì, 32 astenuti (tra cui Cina e India) e 7 contrari (Mosca e i suoi alleati).
Quattro i punti: "La necessità di una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite"; l'impegno per la "sovranità, l'indipendenza, l'unità e integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti"; "la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe dal territorio ucraino".
Infine "la necessità di garantire la responsabilità per i crimini più gravi commessi sul territorio dell'Ucraina ai sensi del diritto internazionale". La mozione non è vincolante ma ha un alto valore politico e simbolico, anche perché l'Assemblea Generale è diventata l'organo più importante dell'Onu che si occupa dell'Ucraina, visto che il potere di veto di Mosca continua a paralizzare il Consiglio di Sicurezza, che torna a riunirsi domani. Il voto dei 193 Paesi delle Nazioni Unite arriva alla vigilia del primo anniversario dell'invasione russa in Ucraina, ma anche della presentazione del misterioso piano di pace cinese e dei colloqui informali "nella massima discrezione" in corso in Svizzera per mettere fine alla guerra, come ha rivelato il ministro degli Esteri elvetico Ignazio Cassis, avvisando però che una soluzione imminente è molto difficile, "a meno di un miracolo". Fino all'ultimo momento c'è stata l'incognita e la paura di un voto contrario dell'India, che invece poi ha deciso di astenersi, come aveva sempre fatto; tra le note positive il sì del Brasile di Lula, mentre il Mali si è schierato stavolta con Mosca bocciando il testo assieme a Siria, Bielorussia, Eritrea, Nicaragua e Corea del Nord. Un no di New Delhi - che compra energia e armi dalla Russia - sarebbe stato un grosso vulnus, considerando il lungo corteggiamento Usa e che il gigante asiatico ospiterà il prossimo G20. Ma dopo due giorni di dibattito e di scontri anche aspri, alla fine sono state rispettate le previsioni dei 75 Paesi co-sponsor della risoluzione - tra cui l'Italia rappresentata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani - che prevedevano di incassare circa 140 sì, avvicinandosi all'esito delle tre precedenti mozioni più generiche di condanna della Russia (143 il record lo scorso ottobre). Ai no si sarebbe aggiunto anche il Venezuela, che non ha votato perchè non in regola con le quote Onu, così come il Libano, che invece era schierato per il sì. "Una grande vittoria per la libertà", ha esultato Tajani commentando l'esito del voto. Mentre sollecitava l'Europa ad avere "un ruolo più attivo e costruttivo nella promozione dei colloqui di pace", Pechino è stata chiara al Palazzo di Vetro: "L'integrità territoriale deve essere rispettata, come pure i principi della Carta Onu. La priorità fondamentale però è facilitare il cessate il fuoco e la cessazione delle ostilità immediatamente", ha detto il vice ambasciatore cinese Dai Bing, ribadendo che "dialogo e negoziati sono l'unica via per risolvere la crisi". Kiev vuole vedere le carte di Pechino ma è scettica sulla proposta di pace cinese, temendo che "punti ad un congelamento della situazione attuale", come ha spiegato l'ambasciatore d'Italia in Ucraina Pier Francesco Zazo in un forum ANSA. E gli Usa lo sono ancora di più, tanto da minacciare di rivelare informazioni di intelligence che dimostrerebbero come Pechino stia considerando l'invio di armi alla Russia, mentre aumentano il pressing sul Dragone anche incrementando il numero di militari a Taiwan. Dopo la crisi dei palloni-spia, Joe Biden rischia di smarrire il dialogo con Xi Jinping nel tentativo di staccarlo da Vladimir Putin. E di dover fare i conti anche con un fronte europeo compatto finora nel sostenere Kiev ma diviso sul possibile esito del conflitto, con il blocco dell'est che vuole la capitolazione del Cremlino ed altri Paesi come la Francia e la Germania convinti, come gli Usa, che sia irrealistica una riconquista totale dei territori ucraini, a partire dalla Crimea.