Mafia, il coraggio di Rita Spartà contro le 'belve' di Randazzo
La sera del 22 gennaio 1993, nelle campagne di Randazzo, alle falde dell'Etna, Antonio Sparta', 57 anni e i suoi due figli, Pietro Vincenzo di 26 anni e Salvatore di 19, furono uccisi a fucilate nell'ovile in cui lavoravano. Gli Sparta' morirono per aver detto no al pagamento del pizzo e soprattutto per essersi rifiutati di accettare di piegarsi alle "regole" della famiglia piu' potente del paese, quella dei Sangani, colpita recentemente da un blitz antimafia. Ora Randazzo prova a liberarsi definitivamente dal giogo mafioso. Il triplice omicidio rimase impunito a lungo: inizialmente anche per la Cassazione i fratelli Sangani dovevano rispondere soltanto per il reato di associazione mafiosa e non per la strage di contrada Statella. Il triplice omicidio divenne un caso di interesse nazionale nell'aprile del 1997 grazie a Rita Sparta', figlia e sorella delle vittime, che intervenne al "Maurizio Costanzo Show" e rivelo' di aver denunciato ai Carabinieri gli assassini dei suoi familiari.
La battaglia di Rita inizio' subito dopo l'uccisione dei suoi cari, quando, insieme alla madre e a un'altra sorella denuncio' i boss locali di aver minacciato e taglieggiato la sua famiglia che aveva cominciato ad alzare la testa e ribellarsi. Alla denuncia della coraggiosa donna si aggiunsero in seguito le dichiarazioni di alcuni pentiti, Antonino Pafumi, Giuseppe Allia e Alfio Fornito che parlarono proprio dei Sangani e dei Ragaglia, l'altro clan che comandava nel paese alle pendici dell'Etna, raccontando dei gruppi che sull'intimidazione, la paura e la ferocia avevano costruito il potere. Il triplice omicidio, infatti, doveva essere nelle intenzioni della cosca Sangani un segnale chiaro per fare capire chi comandava in paese e che chiunque avesse osato ribellarsi, sarebbe stato eliminato. Cosi', quando gli indagati vennero scarcerati, Rita Sparta' decise di andare in televisione per raccontare in pubblico lo sconcerto di veder girare in paese, a piede libero, quelli che lei considerava gli assassini dei suoi familiari. Insieme alla Federazione antiracket di Tano Grasso spinse per la riapertura delle indagini che nel 1999 portarono a due nuovi arresti: i fratelli Oliviero e Salvatore Sangani. I due furono condannati all'ergastolo che fu pero' confermato dalla Cassazione solo per uno di loro. La battaglia continua