Ragusa, citato a giudizio Paolo Borrometi:" Diffamò Antimafia all'Ars"
La Procura di Ragusa ha disposto la citazione diretta a giudizio per il giornalista Paolo Borrometi. L'ipotesi di reato è di diffamazione nei confronti di componenti della commissione Antimafia della Regione Siciliana e dell'allora suo presidente Claudio Fava. La prima udienza del processo è stata fissata per l'8 giugno del 2023.
"Il rinvio a giudizio di Paolo Borrometi per diffamazione nei confronti della Commissione antimafia dell'Assemblea Regionale Siciliana è un primo, dovuto passo per restituire onorabilità alla nostra Commissione, al lavoro svolto e allo scrupolo con cui abbiamo sempre operato", commenta Claudio Fava, già presidente della Commissione.
Per il legale del giornalista, l'avvocato Fabio Repici, "non esistevano i presupposti per la celebrazione di un dibattimento a carico di Paolo Borrometi per quella scombiccherata ipotesi di reato. Sottoporrò i fatti al Csm, perchè si valuti se l'emissione del decreto di citazione a giudizio, davanti alle risultanze del fascicolo, possa rientrare nel campo delle valutazioni discrezionali che un Pm compie al termine delle indagini preliminari o se invece ci siano elementi per ritenere inadeguata l'azione del dottore D'Anna come capo di un ufficio requirente e della dottoressa Monego come pubblico ministero", aggiunge Repici.
"Il Tribunale di Ragusa - aggiunge il legale - prenderà atto non dell'assenza di prove a carico di Borrometi ma della sussistenza di prove che dimostrano l'assoluta falsità dei fatti contestati al giornalista. Magari sarà l'occasione per identificare i responsabili della criminosa attività di hackeraggio compiuta ai danni di Paolo Borrometi. Insomma, magari dopo questo processo inutile e ingiusto, seppure attraverso vie contorte, si celebrerà un processo nei confronti di qualcuno che si è reso responsabile di una ignominiosa campagna di discredito di un giornalista integerrimo, vittima di un eclatante caso di character assassination che dura da qualche anno con una virulenza davvero senza pari".
"Dopo le querele e durante le indagini preliminari - sottolinea l'avvocato Repici - avevamo dimostrato documentalmente alla Procura che in periodo di poco precedente all'audizione di Paolo Borrometi davanti alla Commissione la testata online da lui diretta era stata bersaglio di una gravissima operazione di hackeraggio. Questa non e' la tesi dei difensori di Paolo Borrometi, ma la conclusione raggiunta dalla Procura di Roma. La pubblicazione contestata a Borrometi dalla Commissione antimafia regionale come mai pubblicata era, invece, stata effettivamente pubblicata il 15 marzo 2015 e quell'articolo dopo l'intrusione degli hacker era stato rimosso dagli articoli visibili e relegato nel cestino del sito ('trash'), dove è stato recuperato dall'unico consulente tecnico che da aprile 2020 ha ufficialmente potuto accedere e ispezionare dall'interno il sistema informatico utilizzato da Borrometi". E' stata raccolta la deposizione di un testimone che aveva effettivamente letto nel 2015 sul sito di Borrometi l'articolo che nel 2020 secondo la Commissione antimafia regionale non era mai stato pubblicato", aggiunge il legale. Dal 15 marzo 2015 al mese di febbraio 2020, quando Borrometi fu audito dalla Commissione antimafia regionale, "mai nessuno si era accorto nè si era mai lamentato di quella presunta mancata pubblicazione di cui sarebbe stato 'responsabile' Borrometi e la cui scomparsa e' invece da ascrivere all'azione di hackeraggio di cui Borrometi e' stato vittima. Cio' perche', appunto, quella pubblicazione era comparsa il 15 marzo 2015", evidenzia l'avvocato difensore.