Gran Bretagna, pressione dei Tory su Johnson: lui non si dimette
Boris Johnson ha risposto picche, secondo indiscrezioni unanimi dei media, alla sollecitazione di parte dei suoi ministri a gettare la spugna alla luce dei contraccolpi dello scandalo Pincher e dell'ondata di dimissioni nella compagine Tory.
Lo si apprende a margine dagli incontri frenetici avuti stasera dal premier britannico.
Ora si attendono altre defezioni dopo il record di14 abbandoni di ministri e viceministri nel giro di 24 ore (contro gli 11 fatti segnare da un precedente governo nel 1932). Il premier non intende lasciare di fronte "alle questioni enormemente importanti" che il Paese deve affrontare, riporta la Bbc.
Una delegazione composta da almeno una mezza dozzina di ministri rimasti fedeli a Boris Johnson in seno al consiglio di gabinetto - sinedrio del governo britannico composto in totale da una trentina di membri - ha in giornata annunciato di volersi recare dal primo ministro per chiedergli di dimettersi. Della delegazione fanno parte, secondo la Bbc, il ministro-capo gruppo (chief whip) Tory alla Camera dei Comuni, Chris Heaton-Harris, e i ministri dei Trasporti, Grant Shapps; dell'Irlanda del Nord, Brendon Lewis; del Galles, Simon Hurt. Secondo alcune fonti non ancora confermate, ci sarebbe anche Nadhim Zahawi, che appena ieri aveva accettato di restare al governo e di essere promosso da ministro dell'Istruzione a cancelliere dello Scacchiere. Interpellato al riguardo durante l'audizione di fronte al coordinamento dei presidenti di commissione della Camera dei Comuni, cui Johnson ha accettato di sottoporsi malgrado la crisi, il premier ha opposto un no comment, dicendo di non voler parlare di iniziative di cui "non sono a conoscenza".
Anche la ministra dell'Interno, Priti Patel, super falco del governo Tory annoverata finora tra i lealisti irriducibili di Boris Johnson, ha chiesto in serata al
premier di dimettersi, di fronte alla crisi provocata dai contraccolpi dello scandalo Pincher e dall'ondata di dimissioni nella compagine.
Anche in giornata Boris Johnson aveva ribadito di voler resistere per far sì che il suo governo "vada avanti" nel proprio lavoro e e prosegua "ad attuare il programma" malgrado la raffica di dimissioni provocare in seno alla compagine Tory dai contraccolpi dello scandalo Pincher. Il premier lo ha detto nel Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni, replicando ai durissimi attacchi del leader laburista Keir Starmer e di altri oppositori, e ritorcendo contro le stesso Starmer le accuse di "mancanza d'integrità".
BoJo aveva lasciato ancora una volta intendere di voler cercare di resistere durante un'audizione di fronte al coordinamento bipartisan dei presidenti di commissione della Camera dei Comuni. Messo sulla graticola, Johnson ha in ogni caso negato la prospettiva di elezioni politiche anticipate: "Non credo che nessuno le voglia in questo momento" di crisi globale, ha detto. "Credo invece che noi dobbiamo andare avanti, servire gli elettori e affrontare le priorità che stanno loro a cuore"