La crisi della zona industriale di Siracusa, la Cgil: pronti alla mobilitazione
"L’immobilismo della politica e la debolezza conclamata del Governo Regionale lasciano la zona industriale di Siracusa in un limbo sospeso sull’orlo del baratro. Dopo gli annunci roboanti della richiesta avanzata dalla Regione Sicilia al Ministero per l’istituzione dell’area di crisi complessa, già a suo tempo considerata una inutile forzatura dalla Cgil e la scadenza dei termini senza alcuna risposta entro i quali il Ministero avrebbe dovuto esprimere il suo parere, siamo di fronte al disimpegno politico-istituzionale aggravato da una lunga campagna elettorale sempre più avvitata nella ricerca di riposizionamenti individuali piuttosto che occuparsi di problemi generali e di crisi industriale. Il rischio di una recessione tecnica dell’intero apparato industriale è sempre più vicino e con esso lo spettro di una recessione sociale ed occupazionale si fa sempre più concreto". Lo afferma in una nota il segretario generale della Cgil di Siracusa, Roberto Alosi.
"La crisi energetica in atto - continua il documento - le evidenti difficoltà di approvvigionamento di materiali, l’irrigidimento del sistema bancario a seguito degli scenari sanzionatori europei e il proseguire di una scellerata guerra in grado di modificare gli equilibri geopolitici mondiali acuiscono le enormi preoccupazioni sulla capacità di ripresa di un apparato industriale che rappresenta ancora oggi il 40% dell’intero Pil provinciale, un gettito fiscale di oltre 9 miliardi e un bacino occupazionale di circa 10mila lavoratori. Eppure tutto rimane paralizzato, il Governo nazionale colpevolmente tace, quello Regionale getta la spugna, i rappresentanti politici precipitano nell’ afasia e i poteri istituzionali stentano ad alzare la voce. Rimane un'unica strada: la mobilitazione e la pressione sociale e ci misureremo su questo. L’isolamento di Siracusa e più in generale dell’intera Sicilia rispetto alle scelte del Governo nazionale a forte trazione centro settentrionale acuiscono le diseguaglianze sociali e rischiano di pregiudicare pesantemente il futuro della nostra terra e della nostra gente. Il nostro sistema imprenditoriale, che pure spesso predica bene ma razzola male, continua a lanciare allarmi sociali e produttivi sulla tenuta dell’intero sistema industriale ma non ha ancora deciso con coraggio da che parte andare. In terra di Sicilia troppe volte si annuncia di voler cambiare tutto perché nulla cambi. La svolta ecologica, che pure oggi è fortemente messa a rischio da uno scenario di guerra che rimescola le carte a seguito della sopravventa emergenza dell’ approvvigionamento energetico, è oggi obiettivamente indebolita dall’urgenza di far fronte in qualunque modo al fabbisogno energetico del Paese che scopre solo adesso la dipendenza da Paesi terzi oggi ostili".