Assolto imprenditore agricolo di Pachino: era imputato di minacce al vicino
Il Giudice monocratico del Tribunale di Siracusa, Antonio Cannata, ha assolto l'imprenditore agricolo pachinese S. G., 54 anni, difeso dall'avvocato Luigi Caruso Verso dall'accusa di minacce e danneggiamento.
L'imputato, assolutamente incensurato e titolare di porto d'armi, era stato querelato dal proprietario di un fondo rustico confinante con il suo. Nella querela, il vicino affermava di essere stato oggetto di minacce di morte e del lancio di alcune pietre di grosse dimensioni, che gli avevano danneggiato l'autovettura e non lo avevano colpito per puro caso.
Secondo il P.M. d'udienza, che ha chiesto la condanna a 9 mesi di reclusione, ed il difensore di parte civile, avvocato Salvatore Marziano, le prove raccolte nell'istruttoria dibattimentale erano sufficienti a dimostrare la responsabilità penale dell'imputato.
I difensori, Luigi e Francesco Caruso Verso, hanno sottolineato, invece, come la denuncia, assolutamente infondata, trovasse origine nel documentato astio della presunta persona offesa, l'ottantenne C.G., nei confronti del vicino.
L'anziano aveva pensato bene, conoscendo la passione dell'imputato per la caccia, di accusarlo, ingiustamente, di minacce e danneggiamento, al solo scopo, come spesso accade a Pachino, di far revocare a S.G. la licenza di porto di fucile, per il pericolo che potesse abusare delle armi.
Risultato puntualmente ottenuto, nel gennaio del 2017, quando gli agenti del Commissariato di Pachino, in via cautelare, sequestravano le armi all'incolpevole cacciatore.
I difensori hanno sostenuto l'assoluta inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie di C.G. ed hanno rilevato come, inspiegabilmente, pur indicando in querela la presenza di un testimone, questi non fosse stato chiamato a deporre né dal P.M., né dalla parte civile.
Il giudice, disattendendo le richieste della pubblica e privata accusa, ha, invece, accolto in pieno le argomentazioni dei difensori dell'imprenditore assolvendo l'imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”.
(foto archivio)