La rabbia delle Regioni sul Dpcm, Zaia: non ci hanno ascoltati
"Mi spiace constatare che anche questa volta non siamo riusciti a costruire un provvedimento con il governo". Luca Zaia, il presidente del Veneto, spera ancora "in un ripensamento in zona Cesarini" ma, in un'intervista al Corriere della Sera, non nasconde una certa delusione: "pensavo che si sarebbe potuto lavorare insieme". E invece? "E invece la musica è stata la stessa di sempre: il governo ci convoca, arriva un testo preconfezionato, lo approvano. La nostra voce, non c'è". "Non è vero che le Regioni sapevano le modalità con cui sarebbero stati chiusi i comuni. Se tutti i presidenti di Regione, con firma di Bonaccini, hanno avuto da ridire, una ragione ci sarà. Per me, il sistema migliore è il lavorare su bozze. Io la bozza l'ho ricevuta ieri alle 2.30 del mattino con la richiesta di un parere entro ieri a mezzogiorno", chiarisce Zaia. "E' un decreto topico, entra nel periodo delle festività, del picco influenzale in arrivo a gennaio, della campagna vaccinale più grande di sempre. Per nessun governo sarebbe facile da scrivere. Senza le Regioni, è ancora più difficile. Ma se la vicenda Covid arriverà fino ad aprile e pensiamo di gestirla con Dpcm e ordinanze, temo che l'insofferenza dei cittadini diventi grande", afferma il governatore. Che aggiunge: "a marzo andavamo sui balconi a cantare 'andrà tutto bene', avevamo paura di morire. Ora, sembra ormai che il Covid sia un problema di chi è in ospedale. Va riscritto un grande patto sociale. E occorre una campagna di informazione importante". Ma per i governatori cosa non va nel Dpcm? "Il divieto di uscita dai comuni il 25, il 26 e il primo gennaio senza deroghe. Penso agli anziani: sono da tutelare al massimo, ma nei comuni piccoli saranno in casa da soli a vedere in televisione gli assembramenti nelle città. Se il presupposto è la sanità pubblica, il confronto tra un comune di poche centinaia di abitanti e uno da tre milioni come Roma, non regge: chiudi tutto, ma ci sono recinti da tre milioni di persone", evidenzia Zaia a giudizio del quale nel decreto manca "una dichiarazione di guerra agli assembramenti di ogni genere e specie. In maniera sistematica, cosa che di certo non facciamo chiudendo i confini comunali tre giorni".