Il boss di Solarino Aparo al Gip: "Mai avuto rapporti con i Calafiore"
Dal carcere di Opera dove è rinchiuso, il boss di Solarino, ha respinto le accuse che gli sono state mosse dalla Dda di Catania. Uno dei pezzi da Novanta della mafia siracusana, dal 1990 in carcere e da poco senza il peso del 41 bis, si è collegato con skype con il tribunale di Catania, dove il giudice per le indagini preliminari Carlo Cannella lo ha interrogato. Antonio Aparo secondo l'accusa, dal 2017 avrebbe riorganizzato la cosca, affidando la reggenza al suo compaesano di Solarino, Massimo Calafiore, da lì è scattato il blitz 'San Paolo' che ha portato all'arresto di 24 persone tra Solarino, Floridia e Siracusa. “Non ho inviato alcuna lettera e non ho alcun rapporto con i Calafiore”. Con queste parole Aparo ha rigettato ogni addebito rispetto alle contestazioni mosse dalla direzione distrettuale antimafia di Catania sulla ricostituzione del clan omonimo e sull’incarico di reggenza affidato a Massimo Calafiore, nell’ambito dell’operazione dei carabinieri denominata “San Paolo”. Aparo, che è assistito dall’avvocato Antonino Campisi, si è sottoposto per oltre un’ora e mezzo ad interrogatorio di garanzia. Collegato in remoto dal carcere di Milano, Aparo ha chiarito al gip del tribunale etneo, Carlo Cannella, ogni aspetto delle contestazioni contenute in oltre 700 pagine di cui si compone l’ordinanza di custodia cautelare. In particolare, ha riferito di non avere avuto mai alcun rapporto con Massimo Calafiore, colui che gli inquirenti indicano come il reggente del clan Aparo sostenendo che le lettere oggetto della contestazione non erano indirizzate all’indagato quanto al figlio e che il contenuto non sarebbe riferibile all’organizzazione delle attività illecite. Antonio Aparo ha riferito al giudice di essere pronto a essere nuovamente interrogato dai magistrati della Dda di Catania per chiarire ulteriormente la propria posizione.
Si è avvalso, invece, della facoltà di non rispondere, Massimo Calafiore, il cui legale, l’avvocato Domenico Mignosa, ha preannunciato di ricorrere al tribunale del riesame di Catania per l’annullamento dell’arresto del proprio assistito. Massimo Calafiore è detenuto nel carcere catanese di Bicocca. Si è pure avvalso della facoltà di non rispondere anche Giuseppe Crispino, di Noto, ritenuto vicino all'organizzazione criminale che fa capo ad Antonino Trigila, inteso 'Pinnintula'.
(Nella foto Antonio Aparo durante un convegno organizzato da Radio Radicale)