Mutilano gli arti per truffare le assicurazioni a Palermo
Mutilavano braccia e gambe a migranti e altre vittime compiacenti per truffare le assicurazioni: la Polizia di Stato ha fermato 11 persone nell'ambito di un'operazione che ha sgominato "due pericolosissime organizzazioni criminali dedite alle frodi assicurative". Coinvolto anche un infermiere dell'ospedale Civico di Palermo. "Le due associazioni criminali disarticolate dalla Polizia di Stato con le indagini dirette dalla Procura di Palermo hanno evidenziato la particolare cruenza degli adepti delle due organizzazioni che scagliavano pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all'uso di stampelle e a volte alla sedia a rotelle", ha spiegato la Questura.
Circa 150 mila euro per ogni pratica andata a buon fine: cosi' gli investigatori della Squadra mobile di Palermo quantificano il volume di affari dei due gruppi criminali dediti alla creazione di falsi incidenti stradali per truffare le assicurazioni. Dato che, in passato, altre bande erano state gia' individuate e disarticolate, dopo avere svolto attivita' dello stesso genere, gli uomini e le donne sottoposti a fermo oggi su ordine della Procura avevano alzato il livello dell'efferatezza, in modo da convincere i periti assicurativi e medici delle compagnie della rispondenza delle ferite alle dinamiche di gravi incidenti. Tanto gravi quanto inventati. Il resto veniva creato ad arte, con auto che venivano danneggiate a bella posta: e difficilmente, di fronte a persone mutilate di un braccio o di una gamba, qualcuno poteva muovere obiezioni sulle cause di quei danni fisici. Per fare il maggior danno possibile, pesanti dischi, di ferro o di ghisa, del tipo di quelli utilizzati nelle palestre, venivano scaraventati sugli arti delle vittime. C'era chi se la cavava con periodi di degenza lunghi e l'uso temporaneo delle stampelle, ma anche chi veniva inchiodato su una sedia a rotelle. E l'entita' del risarcimento - incassato dai capi dei gruppi - in questi casi lievitava. Le vittime, per quanto consapevoli e compiacenti, quasi mai guadagnavano alcunche', dato che venivano selezionate tra disagiati, emarginati, alcolisti e tossicodipendenti, o tra gente alle prese con gravi difficolta' economiche.
Le indagini condotte nell'ambito dell'operazione "Tantalo" sulle truffe alle assicurazioni con le mutilazioni degli arti hanno permesso di ricostruire anche la triste vicenda di un cittadino tunisino, trovato morto su una strada alla periferia di Palermo, nel gennaio del 2017. Si chiamava Hadry Yakoub e aveva 22 anni: proprio dalla sua morte, avvenuta in via Salemi, a Brancaccio, periferia sud est di Palermo, il 10 gennaio 2017, si e' risaliti alla banda che mutilava e procurava gravissime ferite a persone compiacenti, per truffare le assicurazioni. La tragica fine del nordafricano, privo di documenti e identificato dalla compagna, un paio di giorni dopo l'apparente incidente, era stata inquadrata come incidente avvenuto in circostanze misteriose e provocato da un pirata della strada che si era poi dileguato. Qualcosa pero' non aveva convinto gli investigatori della Squadra mobile, che avevano chiesto e ottenuto dal pm Gianluca De Leo un approfondimento investigativo, poi autorizzato dal magistrato. E' cosi' che, sentendo testimoni, ascoltando conversazioni grazie alle intercettazioni e soprattutto esaminando l'esito della perizia autoptica sul corpo dello sfortunato giovane, si e' arrivati a scoprire una delle bande che "lavoravano" in questo campo, creando situazioni e circostanze da film horror. E dire che colui che viene ritenuto il capo di uno dei due gruppi e' un tranquillo perito assicurativo di Palermo, Michele Caltabellotta, che e' fra le persone fermate stamani dai poliziotti della Mobile, diretta da Rodolfo Ruperti, su decisione della Procura. Non e' chiaro se la fine di Yakoub sia dovuta a un errore di valutazione sulla gravita' delle ferite a lui inferte o al fatto che il giovane non avesse retto il dolore. Hadri Yacoub viene ritrovato cadavere il 9 gennaio 2017 dalla Polizia municipale di Palermo, intervenuta in via Salemi in seguito alla segnalazione di un sinistro mortale tra una Punto e un ciclomotore elettrico (alla cui guida sarebbe stato Yacoub).
In realta' il giovane - come si legge nel decreto di fermo emesso dalla procura di Palermo - "presentava quale unico segno esteriormente apprezzabile una frattura esposta di tibia e perone, ricoperta da una fasciatura": il referto del primo esame autoptico indica la causa del decesso in "arresto cardiocircolatorio in soggetto con politraumatismo conseguente ad incidente stradale" ma sin dai primi accertamenti di polizia giudiziaria emergono forti dubbi sulla versione fornita - in totale assenza di testimoni oculari - dal conducente della macchina 'investitrice'.
Il pm incarica il medico legale di procedere alla estumulazione della salma di Hadri ed accertare le cause del decesso ma pochi giorni dopo arriva comunicazione di avvenuto trasporto della salma stessa nel cimitero di Karuen, in Tunisia. Il 21 luglio successivo, il consulente del pubblico ministero deposita pero' una relazione finale di consulenza tecnica concludendo per la "assoluta e certa incompatibilita' dinamica del presunto incidente con la posizione del cadavere, oltre che con le lesioni riscontrate". Non solo: agli atti finisce la testimonianza della compagna del tunisino, che racconta di essere stata avvicinata in sede di riconoscimento della salma da due uomini, che le hanno reso i documenti personali del deceduto proponendole di intraprendere azione per il risarcimento dei danni derivanti dal sinistro e chiedendole di consegnare loro una percentuale pari al 50% della somma da ottenere in via giudiziale.