Fondi distratti da una Casa di cura: cinque arresti a Catania
Massoneria, falsa antimafia, distrazione di fondi pubblici destinati a poveri e disabili e un 'buco' da 10 milioni di euro. C'e' tutto questo nell'inchiesta della procura di Catania, culminata nell'operazione "Giano bifronte", condotta dalla Dia etnea. In manette la famiglia a capo dell'Istituto Medico Psico-Pedagogico "Lucia Mangano" - il presidente, la moglie e la figlia - nonche' due collaboratori dell'ente che si propone di assistere moralmente e socialmente i poveri della citta' e della provincia, creando centri di mutuo soccorso, elargendo sussidi, creando laboratori, offrendo assistenza medica, alleviare lo stato di eventuale disagio degli assistiti per disoccupazione, malattia o altro. Al centro dell'inchiesta Corrado Labisi, 65 anni, già presidente dell'ente di Sant'Agata Li Battiati legato, spiegano gli investigatori, alla massoneria e da sempre impegnato in associazioni antimafia, patron del 'Premio Livatino', dedicato al magistrato beato ucciso dalla mafia. Devono rispondere di associazione per delinquere finalizzata alla distrazione di fondi.
VORAGINE DA 10 MLN L'operazione e' scattata all'alba, su delega della procura diretta da Carmelo Zuccaro, facendo luce sulla distrazione di fondi regionali che ha provocato una voragine da 10 milioni di euro destinati a strutture socio-sanitarie. In particolare, il provvedimento ha disposto la misure della custodia in carcere nei confronti di Corrado Labisi, gia' presidente del cda; arresti domiciliari per la figlia Francesca, 33 anni, la moglie Maria Gallo, 60 anni, e per i collaboratori Gaetano Consiglio, di 39 anni, e Giuseppe Cardi', di 57.
Corrado Labisi avrebbe gestito i fondi erogati dalla Regione siciliana e da altri enti destinati ai malati ospiti della struttura, per fini diversi, distraendo le somme in cassa, facendo lievitare le cifre riportate sugli estratti conti accesi per la gestione della clinica, tanto da raggiungere un debito pari ad oltre 10 milioni di euro.
Dalla perizia effettuata dal consulente dell'autorita' giudiziaria, e' emerso che soltanto Labisi ha utilizzato per fini diversi la somma di 1.341.000 euro e la coniuge quella di 384 mila euro.
E' emersa quella che viene definita la doppiezza di Labisi: da una parte sedicente paladino della legalita' tanto da ricoprire la carica di presidente dell'associazione "Saetta-Livatino", impegnata a sostenere le iniziative antimafia, insignendo personalita' delle istituzioni; dall'altra un uomo senza scrupoli che dirottava ingenti somme di denaro per soddisfare esigenze diverse tra le quali il pagamento di fatture emesse dalla Pubblicompass per pubblicizzare gli eventi organizzati, la copertura di spese sostenute dalla moglie e dalle figlie, il pagamento di fatture emesse per cene e soggiorni ad amici vari.
NEL NOME DEL GIUDICE BEATO In merito all'Associazione Livatino, l'indagine ha evidenziato che Corrado Labisi, ha impiegato ingenti somme distratte dall'Istituto Lucia Mangano, per la copertura di costi relativi all'organizzazione del premio, considerato un riconoscimento alla legalita' nella lotta contro le mafie. Le somme venivano utilizzate anche per iniziative connesse all'organizzazione - all'Hotel Nettuno - di eventi relativi all'Associazione "Antonietta Labisi", madre di Corrado impegnata in vita nell'opera di assistenza verso i minori e gli anziani nelle zone di degrado catanesi.
LATTE ALLUNGATO Il trattamento riservato agli ospiti dell'istituto sarebbe stato di livello accettabile, "soltanto grazie all'attivita' caritatevole del personale e non certamente per la illecita gestione della famiglia". Infatti, cosi' come testimoniato da qualche dipendente "se fosse dipeso da loro, si continuerebbe a dare ai pazienti latte allungato con acqua, maglie di lana e scarpe invernali nel periodo estivo". Labisi era riuscito a costruirsi una immagine modello di se', tanto da indurre soggetti a lui legati a sostenerlo nelle proprie iniziative, essendo considerato un paladino in difesa della legalita'. In tale contesto, appare sintomatica una conversazione captata all'indomani di una perquisizione delegata operata dalla Dia di Catania, presso la Struttura sanitaria "Lucia Mangano" nonche' presso lo studio del commercialista di riferimento, che ha portato al sequestro di documentazione contabile. Nel corso della conversazione, avvenuta con un amico di Labisi, "gia' appartenente al ministero della Difesa", questi, commentando l'episodio, ha detto: "Dobbiamo capire a 360 gradi se c'e' qualcuno che deve pagare perche' questa e' la schifezza fatta a uno che si batte per la legalita'... vediamo a chi dobbiamo fare saltare la testa". Chiaro sarebbe, per gli investigatori, il riferimento alla struttura investigativa della Dia e ai magistrati inquirenti che svolgono le indagini.
L'AMICO DEL BOSS. Cosi' come accertato nel corso di altre indagini, Corrado Labisi in passato ha mantenuto contatti con il pregiudicato Giorgio Cannizzaro, noto esponente della cosca mafiosa Santapaola -Ercolano. Insomma Labisi, questo 'Giano bifronte', sarebbe caratterizzato da "un rilevante tasso di pericolosita' sociale", come rilevato anche dal presidente dei gip nella motivazione della misura cautelare, evidenziando un duplice aspetto: da una parte le millantate amicizie importanti con apparati dello Stato o addirittura con i servizi segreti, dall'altra parte i rapporti di amicizia con mafiosi di grosso calibro come Giorgio Cannizzaro, ai quali riserva un posto addirittura nelle prime file della chiesa dove si svolgevano i funerali della madre.
POVERI E DISABILI 'DERUBATI' Si e' delineato "un vero e proprio quadro associativo, tessuto prevalentemente in ambito familiare, fatto di assunzioni finalizzate all'unico scopo di drenare risorse e di compensi erogati in modo spropositato, tanto da indurre l'istituto in una situazione debitoria pari a 10 milioni di euro". Un'attivita' "molto grave" perche' "a causa delle ripetute appropriazioni indebite per importi elevati, hanno creato i presupposti per la distruzione di un ente benefico, che e' stato posizionato nel tempo a livello di un azienda con scopo di lucro e assoggettabile al fallimento, ponendo le basi concrete per privare la societa' civile di una struttura di assistenza ai bisognosi, soprattutto ai disabili e agli anziani, e con la prospettiva di una perdita di 180 posti di lavoro". Al fine di sanare la pesante condizione debitoria Labisi ha proceduto, nel corso del 2017, alla vendita del ramo dell'azienda facente capo alla struttura destinata a Rsa ubicata in locali di proprieta' dell'ente nel Comune di Mascalucia. L'operazione, conclusa con la cessione a una associazione calatina, si e' concretizzata, nei suoi aspetti operativi, nell'accollo di un'importante quota di debiti erariali e previdenziali. Conseguentemente alla cessione del ramo di azienda, a capo del consiglio di amministrazione dell'istituto e' stata posta la figlia di Labisi, Francesca gia' consigliere, di fatto esautorando apparentemente Corrado dai suoi poteri. Gli altri due indagati, i collaboratori Cardi' e Consiglio, regolarmente assunti presso l'istituto con mansioni differenti da quelle effettivamente svolte, mettevano consapevolmente a disposizione le loro buste paga, dove venivano inserite voci di costo giustificative delle uscite indebite dell'istituto; cio' a fronte di benefit e premi di produttivita', dai 500 e 1.500 euro.