Al Teatro Garibaldi di Avola in scena il Balletto del Sud
Prosegue con successo la programmazione della ventiseiesima edizione del Festival internazionale del balletto, in programma al teatro Garibaldi di Avola. Dove domani alle 20,30 e domenica 19 novembre alle 18,30, approderà il Balletto del Sud. E per l’occasione, la prestigiosa compagnia, diretta dal coreografo e regista Fredy Franzutti, proporrà al pubblico della kermesse “Le quattro stagioni”, balletto in un atto su musica di Antonio Vivaldi e John Cage.
Reduce da numerosi successi e consensi, “Le quattro stagioni” è il 30° spettacolo che il coreografo Franzutti realizza, nel 2012, per il Balletto del Sud, oggi una delle compagnie più apprezzate del panorama nazionale. L'argomento trattato utilizza le stagioni per riflettere sulle fasi della vita dell'uomo. Ovvero: le stagioni della vita o meglio dei sentimenti non sono dettate da mutamenti repentini scadenzati da giorni precisi del calendario, ma sono legate alla reazione emotiva de "l'uomo collettivo" agli eventi che accadono. Per sostenere la tesi Franzutti affida la legazione dei quadri danzati ai versi del poeta inglese (americanizzato nel 1939) Wystan Hugh Auden e alla sua analisi, spesso “peggiorista” - attributo che Auden aveva coniato per sé - della società dell'uomo comune definito “l'ignoto cittadino”. I testi sono interpretati dal valido attore Andrea Sirianni, spesso impegnato in produzioni di arti integrate e melologhi.
Alle note familiari di Vivaldi si alternano in contrasto le a-melodie ritmate di John Cage che non solo ci portano alle esigenze dell'uomo moderno (al dissapore e all'amarezza che il confronto con la società ha generato), ma anche alle straordinarie potenzialità espressive di questa età dell'ansia che abbiamo chiamato contemporaneità. Se dunque la personale primavera è il rapporto con l'amore, il calore dell'estate è l'allegoria dell'immobilità, intesa come inabilità e incapacità di cambiamento o come disinteresse delle disgrazie altrui (come nell'Icaro del fiammingo Pieter Bruegel).
L'autunnale caduta delle foglie e l'arrivo della pioggia insistente ci riporta alla routine dei pendolari, al modo pratico e consueto di procedere nell'attività quotidiana. Il rumore dei tuoni ci rinnova la paura delle persecuzioni, l'ingiallimento della natura rimanda alla consapevolezza d'appartenenza ad una società incline al marcire e spaventati dall'oscurità delle nubi, perché non vediamo dove stiamo, ci sentiamo (come scrive Auden) persi in un mondo stregato, bambini spaventati dalla notte. Il gelo invernale cala con la morte: la fine del rapporto, la morte del compagno di viaggio, la morte della persona amata. La morte che rende inutile qualsiasi reazione. “Tirate giù il sole, svuotate gli oceani e abbattete gli alberi. Perché niente servirà più a niente”. Ma le stagioni delle emozioni, come le stagioni metereologiche, non durano per sempre e anche quelle (anche se non con una progressione regolare, continua e prevedibile) ritornano, si alternano, ci sorprendono: e dopo il gelido inverno di un terribile lutto può ritornare una primavera d'amore. Scopriamo che l'alternarsi delle stagioni delle emozioni altro non è che la Vita in una società con la paradossale centralità riservata a chi non conta nulla – quei cittadini ignoti che il potere modella come cera, l'industria sfrutta come servi e l'arte canta come eroi. Le scene sono di Isabella Ducrot, esponente di un personale astrattismo coloristico, le luci di Piero Calò.