Decapitato il clan Rinzivillo di Gela, 37 arresti per mafia
La Squadra Mobile di Caltanissetta e i militari del Gico di Roma lo hanno chiamato "il patto mafioso sul commercio di pesce". Le indagini sul clan Rinzivillo, culminate oggi con l'arresto di 37 persone, hanno svelato l'esistenza di "un vero e proprio accordo di spartizione territoriale per il commercio di prodotti ittici in tutta la Sicilia, con mire espansionistiche anche sui mercati romano, milanese e tedesco" e dimostrato come la famiglia mafiosa gelese "abbia utilizzato le societa' ittiche per il reimpiego dei proventi illeciti derivanti dalle attivita' criminali del sodalizio mafioso". Nello specifico, Salvatore Rinzivillo ha avuto l'opportunita' di "infiltrarsi" nel mercato di settore attraverso imprese mafiose da lui controllate, riconducibili ai gelesi Carmelo e Angelo Giannone, padre e figlio. Dall'inchiesta della magistratura e' poi emerso che lo stesso boss ha preso contatti con esponenti mafiosi di Mazara del Vallo (costringendo alcuni imprenditori locali a fornire il pesce a credito piuttosto che a fronte di pagamento in contante all'atto della consegna), con importanti pregiudicati messinesi e perfino con un boss italo-americano del calibro di Lorenzo De Vardo, che vive a New York, anche per l'avvio di importanti iniziative economico-commerciali, personaggio conosciuto dalle forze dell'ordine sin dai tempi del maxiprocesso di Palermo, quale appartenente alla "famiglia mafiosa Bonanno - fazione Catalano di Cosa Nostra". Le indagini della Dda di Caltanissetta hanno riscontrato significativi rapporti di Rinzivillo con clan mafiosi catanesi: appartenenti alla famiglia calatina di Francesco La Rocca, storico capomafia di San Michele di Ganzaria; appartenenti al clan dei "Carcagnusi" (Mazzei), sodalizio criminale catanese con interessi anche nella Capitale e, per esso, indirettamente, con Sergio Giovanni Gandolfo detenuto all'estero. A tale ultimo proposito, l'atteggiamento di Rinzivillo nei confronti dei "Carcagnusi", dapprima conflittuale, e' cambiato al punto che, nel febbraio del 2016, si e' attivava per affidare la tutela legale di Galdolfo all'avvocato del foro di Roma (oggi arrestato) Giandomenico D'Ambra facendo da tramite tra quest'ultimo ed i familiari del primo.
Secondo la Dda di Caltanissetta, il legale costituisce l'archetipo dell'esponente della cosiddetta 'area grigia': un professionista che si serve della criminalita' organizzata e di cui quest'ultima, a sua volta, si avvale in un chiaro e diretto rapporto sinallagmatico. Su richiesta e per conto di Rinzivillo, infatti, l'avvocato D'Ambra ha intessuto affari illeciti di interesse comune, ha incontrato altri affiliati del clan gelese che agiscono in Lombardia, nonche', per propri fini, non ha esitato ad avvalersi dei "servizi" che gli appartenenti all'organizzazione criminale risultavano in grado di dispensare con il metodo dell'intimidazione (dando mandato a Rosario Cattuto di porre in essere un'aggressione fisica ai danni di un soggetto per portargli via, con violenza, un orologio "Philip Patek" del valore di circa 40mila euro. Non solo, ma le indagini hanno chiarito come il legale si preoccupasse addirittura di raccogliere notizie su indagini in corso, specie se relative a Salvatore Rinzivillo per poter assumere le necessarie contromisure elusive delle investigazioni. Ritenuti i fedelissimi del boss, i due nominati carabinieri Cristiano Petrone e Marco Lazzari. Quest'ultimo, secondo chi indaga, avrebbe gestito i contatti con altri affiliati del clan mafioso, tra cui Ivano Martorana, luogotenente di Rinzivillo in Germania ed operante nel settore del traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonche', assecondando la volonta' dello stesso boss circa la necessita' di evitare contatti diretti con soggetti di una certa caratura criminale e ritenuti a rischio di attivita' investigative, fungendo da "collegamento", assieme a Martorana, per fare da tramite nei contatti tra il boss gelese e Nicola Gueli, oltre a svolgere taluni "servizi" di appostamento e sopralluogo, funzionali alla realizzazione di attivita' estorsive, quale quella commessa ai danni della famiglia Berti. In definitiva, sia a D'Ambra che a Lazzari e' contestata la condotta illecita di concorrenti esterni rispetto all'associazione mafiosa Cosa Nostra, riferita al clan Rinzivillo, avendo posto a disposizione del boss i propri servigi, funzionali agli illeciti scopi.
IL CLAN DI GELA ERA OPERATIVO IN GERMANIA
Era molto attivo in Germania il clan riconducibile a Salvatore Rinzivillo, arrestato oggi assieme ad altre 36 persone nell'ambito di un'operazione congiunta antimafia tra la Dda di Roma e quella di Caltanissetta. Il boss - dicono le indagini - aveva rivitalizzato la cellula criminale, che opera nelle citta' di Karlsruhe e di Colonia, nei land tedeschi di Baden-Wuttemberg e della Renania Settentrionale-Westfalia, individuando nell'insospettabile e incensurato Ivano Martorana, di origini gelesi ma da sempre di stanza in Germania, il nuovo luogotenente, assieme allo zio Paolo Rosa, altro gelese trasferitosi oltralpe e gia' collegato al capofamiglia Antonio Rinzivillo, il soggetto cui demandare l'organizzazione e realizzazione di piu' traffici di droga ovvero la verifica della possibilita' di realizzare articolati investimenti in Germania nei settori storicamente d'interesse della famiglia, quali le costruzioni e quello alimentare. In tale ambito, nel maggio 2015, la Dda di Roma aveva avviato una rogatoria dapprima con la Procura di Karlsruhe e poi, dal gennaio 2016, con quella di Colonia. E dalle attivita' investigative, svolte in collaborazione con la Polizia tedesca, e' emersa l'illecita operativita' della cellula mafiosa, intenta a riattivare importanti traffici di droga direttamente in Germania e sull'asse Germania -Italia, anche avviando contatti con Antonio Strangio, il latitante di Locri gestore del ristorante "Da Bruno" a Duisburg, dove avvenne la cosiddetta strage di ferragosto del 2007. Secondo chi indaga,Salvatore Rinzivillo, assieme agli stiddari Angelo e Calogero Migliore, padre e figlio, nonche' con la collaborazione del pugliese domiciliato in Germania Michele Laveneziana, oltre ai gia' nominati Ivano Martorana e Paolo Rosa, ha illecitamente acquistato e detenutoo, per la successiva vendita, 3 kg di cocaina. Infine, la Dda di Caltanissetta ha ottenuto il sequestro preventivo di due compendi aziendali, di partecipazioni di tre societa', denaro contante e un'autovettura di grossa cilindrata, per un ammontare complessivo di circa 11 milioni di euro.