Teatro a Siracusa, le Fenicie dominata dalle angoscie
Se Valerio Binasco voleva stupire, il suo intento è riuscito pienamente. La sfida, come l’ha definita lo stesso regista, che nulla conosceva del mondo classico, è stata vinta ne “Le Fenicie” in scena stasera al teatro greco di Siracusa nell’ambito del cinquantatreesimo ciclo di rappresentazioni promosso dalla Fondazione Inda. Un teatro, che nemmeno questa volta ha raggiunto il sold out, il cui pubblico ha assistito a un’opera teatrale poco rappresentata, apparsa l’ultima volta nel Temenite quarantanove anni fa. La trama e i personaggi sono gli stessi dei Sette contro Tebe, ma se nella prima opera di Eschilo era presente l’angoscia generale per l’assedio e gli avvenimenti incombenti, nella regia di Binasco protagoniste sono le angosce del singolo personaggio. La guerra e l’assedio aleggiano in una Tebe nella scenografia di Carlo Sala dove predomina il bianco delle porte di ingresso e di un albero “morto da chissà quanto tempo” e il rosso della terra. I personaggi, numerosi: Giocasta, per prima, straziata dal dolore subito dal volere di Dei capricciosi che hanno voluto la rovina della sua famiglia, interpretata da una magistrale Isa Danieli, materna nel voler portare alla ragione i figli duellanti, l’arrogante e ambizioso Eteocle, un bravissimo Guido Caprino, e il saggio Polinice/Gianmaria Martini. Creonte/Michele Di Mauro a cui l’indovino Tiresia/Alarico Salaroli vaticina la necessità per la salvezza di Tebe del sacrificio del figlio Meneceo/Matteo Francomano, un destino a cui il padre vorrebbe sottrarsi ma che è compiuto dallo stesso ragazzo, martire cosciente della ragion di stato. E poi Antigone, raffigurata come un’adolescente sgomenta e troppo giovane per assistere a una strage familiare di cui, insieme al padre Edipo, il giapponese Yamanuchi Hal, sarà l’unica sopravvissuta, una personaggio ben interpretato dalla giovane promessa Giordana Faggiano. I racconti della strage vengono narrati dal drammatico ma anche divertente araldo Massimo Cagnina, quasi fossero i racconti di un cantastorie, con la stessa cadenza musicale del linguaggio. Ma su tutti i personaggi incombe il coro, le donne Fenicie, le straniere che assistono vestite con gli abiti propri di chi è in viaggio lontano da casa, profugo con il volto coperto da maschere, simili a quella fenicia ghignante da Tiro. Sono in scena, quasi immobili e raccontano attraverso la voce dal forte accento orientale di Simonetta Cartia, le origini ancestrali che hanno causato il dramma della stirpe di Laio, straniere distanti dallo svolgimento dell’azione. La tragedia, nell’originale versione di Binasco, si è chiusa con l’esilio di Edipo e Antigone: gli attori sono tornati sul palco per l’applauso inscenando dei veri e propri fermo immagine sulle note di Heroes di David Bowie, loro eroi anche solo per un giorno. Alla conclusione della serata Raffaele Schiavo ha cantato e suonato al chiarore della luna i versi dell’originale dramma di Euripide in metrica. Anita Crispino