La Dia colpisce il clan Spartà
Messina, beni per 5 milioni sequestrati a un boss del rione Santa Margherita
Personale della Dia di Messina, supportato dal Centro Operativo di Catania, sta eseguendo un sequestro di beni per un valore complessivo di cinque milioni di euro nei confronti di Giuseppe Pellegrino, attualmente detenuto, legato al clan mafioso messinese degli Spartà. La proposta di sequestro è stata avanzata del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, d'intesa con la Dda diretta dal Procuratore Guido Lo Forte, ed è stato disposto dal Tribunale di Messina, sezione misure di prevenzione. Il provvedimento, ancora in fase di esecuzione, interessa l'intero patrimonio dell'uomo e comprende anche aziende intestate a soggetti a lui legati. Ci sono quattro aziende molto attive nei settori delle onoranze funebri, dell'edilizia e del commercio di prodotti alimentari, nonche' un fabbricato e vari rapporti finanziari, tra i beni sequestrati per un valore di 5 milioni di euro a Giuseppe Pellegrino, esponente di spicco del clan Sparta', dominante nella zona sud di Messina, molto attivo nelle estorsioni, nel traffico di droga e con contatti con la criminalita' organizzata calabrese. Gli uomini della Dia, al termine della complessa attivita' d'indagine economico-patrimoniale, hanno colpito duramente il boss appartenente a una famiglia che tra gli anni 80 e 90 era divenuta antagonista a quella dei Vitale dando vita ad una guerra di mafia. Una guerra fermata con l'operazione "Faida" nell'ambito della quale Pellegrino fu arrestato e poi condannato a 30 anni che attualmente sta scontando in carcere. Un lucroso settore quello del 'caro estinto', per Giuseppe Pellegrino, tanto da volervi avviare anche il figlio Manuel: nel corso dei colloqui carcerari avvenuti nel 2012, infatti, aveva impartito ai congiunti chiare e puntuali disposizioni volte a consentire l'inserimento del figlio nel business in citta', anche avvalendosi della sua appartenenza all'organizzazione criminale a delle alleanze realizzate durante la sua detenzione soprattutto con esponenti collegati al clan Santapaola. Indagini avevano gia' consentito di colpire il patrimonio dei fratelli dell'imprenditore, Nicola e Domenico, con la confisca di 50 milioni di euro. In quel contesto era stato documentato che le imprese dei Pellegrino, per la realizzazione di opere pubbliche e private utilizzavano forniture di calcestruzzo depotenziato.