La disciplina si afferma in Italia
Il tennis per ciechi e ipovedenti: se uno smash vuol dire anche felicità
Insegnare a giocare a tennis a ciechi e ipovedenti. Si chiama “Tennis per ciechi Italia” il programma che intende sviluppare questa nobile disciplina e che, nel nostro Paese, ha avuto come precursore il maestro argentino Eduardo Silva. L’iniziativa è nata a Sacile, in provincia di Pordenone e, dal Nord Est, si sta estendendo in altre città italiane. Silva allena attualmente una quindicina di giocatori, mentre in Italia si stanno formando diversi istruttori abilitati a questo tipo di insegnamento.
Silva, come è nata questa idea?
“Ho conosciuto il tennis per ciechi in Argentina dove ero andato per un corso di aggiornamento, io sono nato in Argentina, anche se i miei nonni sono veneti. E’ iniziata lì questa avventura che, prima di essere professionale, va considerata dal punto di vista umano”.
E’ difficile insegnare il tennis a persone cieche o ipovedenti?
“Io sono in Italia dal febbraio del 2014 e insegnare il tennis a queste persone meno fortunate di noi è una esperienza molto gratificante. Per perfezionarmi sono andato negli Stati Uniti e in Messico dove, purtroppo, ci sono tanti bambini ciechi o ipovedenti. Tutti si avvicinano a questo sport con grande entusiasmo e vorrebbero bruciare le tappe. Ma io, quando iniziamo le lezioni, dico sempre: ragazzi, abbiamo un lavoro duro da fare. Ma questo non toglie nulla al loro entusiasmo. Ed è grande la loro gioia quando iniziano a colpire la palla. Spero che il tennis per ciechi e ipovedenti possa prendere sempre più piede in Italia e che il mio esempio sia seguito da altri maestri dopo, naturalmente, la necessaria formazione”.
Ad illustrare gli obiettivi che si propone questa innovativa disciplina, Giuseppe Iozzìa, un giovane che ha frequentato uno degli ultimi corsi di formazione svoltosi a Milano. Siciliano di Modica, 26 anni, laurea in Scienze motorie conseguita a Torino, preparatore fisico Fit di 2° grado e sport mental coach, Iozzìa collabora attualmente con la prestigiosa “Golarsa Tennis Academy” di Milano.
Quali sensazioni ti ha lasciato questo corso di formazione?
“Posso parlare, al momento, solo da un punto di vista teorico e degli obiettivi che intende conseguire questa disciplina – afferma Iozzìa – e gli obiettivi sono essenzialmente tre. Innanzitutto, dare l’opportunità a tutte le persone cieche ed ipovedenti di inserirsi nella pratica del tennis, integrandosi in gruppo e favorendo contemporaneamente lo sviluppo sportivo e personale. C’è, poi, una sorta di missione direi umana: trasmettere valori dimostrando che si possono superare le barriere e gli impedimenti fisici con voglia, impegno, solidarietà e tanto cuore. E, naturalmente, come succede per ogni sport, favorire una crescita sana e leale nel rispetto delle regole”.
COME SI GIOCA.
Questo sport si gioca in un campo di 6, 10 metri di larghezza per 12,80 metri di lunghezza (queste dimensioni valgono per i giocatori totalmente ciechi) con una pallina in gommapiuma che ha un dispositivo sonoro al suo interno che permette al giocatore di localizzare la pallina in tempo e spazio quando rimbalza, e così di poter impattarla. Il perimetro del campo e le righe all'interno, sono una corda di tre millimetri attaccata e coperta da un nastro adesivo di 5 centimetri. Questo sistema permette al tennista di posizionarsi nel campo mediante il tatto. Può farlo con i piedi, con la racchetta o con le mani.
Ci sono tre categorie per i giocatori; B1 sono i ciechi totali; B2 quelli che hanno un residuo visivo limitato e B3 che hanno un campo visivo più ampio: per queste due categorie le dimensioni del campo sono di 8,23 metri per 17,98 metri. Queste categorie sono regolate dalla IBSA (Federazione internazionale di Sport per Ciechi). Il regolamento è come nel tennis convenzionale ma adattato allo sport per non vedenti. In B1 la pallina può rimbalzare tre volte, invece in B2 e B3 sono consentiti soltanto due rimbalzi. La rete ha un’altezza di 85 centimetri e le racchette sono le Juniors, di 23 e 25 pollici di lunghezza.
CHI HA INVENTATO QUESTO SPORT.
Ad oggi già sono 25 Paesi nei cinque continenti dove si gioca il tennis per ciechi. Ma sono i giapponesi ad averlo inventato. La creazione della disciplina si deve, infatti, a Miyoshi Takei, il quale, nonostante la sua cecità, iniziò a giocare a tennis da bambino, incoraggiato dal suo insegnante di liceo. Il suo unico obiettivo, all’epoca, anche se non era in grado di vedere, era quello di colpire con forza una pallina che stava volando in aria.
Finalmente, dopo varie prove, inventò un particolare tipo di palla da tennis con i sonagli, spugnosa e leggera, per dar modo ai giocatori non vedenti di intercettare il suo movimento ascoltandone il suono.
L’impegno di Miyoshi, è stato coronato dal successo nel 1990 in Giappone, con l’edizione del del primo “Torneo di tennis nazionale per ciechi”. Ogni anno, centinaia di giocatori giapponesi insieme ad altri giocatori provenienti da Paesi come la Cina, Corea, Taiwan, Gran Bretagna e Stati Uniti partecipano al torneo.
Miyoshi Takei è morto nel 2011, all’età di 42 anni: mentre tornava a casa con la moglie cieca, è caduto sotto un treno in arrivo a Tokyo.