Imprenditore agrigentino
Antimafia, Cutrò:"Sono pronto a darmi fuoco"
La Commissione Antimafia ha scritto al Viminale per acquisire le carte che riguardano il caso Cutrò, l'imprenditore edile di Bivona, in provincia di Agrigento, testimone di giustizia, oggetto di minacce per aver detto "no" al racket e costretto a chiudere la propria azienda nel gennaio 2015. Le perizie prodotte nel 2011, su incarico del Viminale - secondo quanto emerso in questi giorni - non soltanto certificarono il danno subito dall'azienda di Cutrò, ma stabilirono il nesso di causa effetto tra il danno e le denunce fatte dallo stesso Cutrò. "Quindi - spiega il deputato Pd Davide Mattiello, che in Antimafia coordina il gruppo sui testimoni di giustizia i collaboratori e le vittime di mafia - riteniamo che sia giusto che il Ministro dell'Interno si faccia carico della situazione debitoria incolpevole, che rischia di schiacciare Ignazio Cutrò e la sua famiglia". Ma il deputato chiede che "anche le banche facciano la loro parte: è altrettanto giusto chiedere a Unicredit e Banca Sant'Angelo se si rendano conto di cosa stiano facendo. Perché pure le banche dovrebbero mostrare maggiore sensibilità verso questa situazione. A normativa vigente sono purtroppo pochi gli strumenti a disposizione del Viminale per intervenire in una situazione che ha caratteristiche molto particolari sul piano giuridico, forse soltanto quello del contributo straordinario e di questa circostanza il Parlamento deve farsi carico". "Di questo abbiamo più volte discusso con il viceministro all'Interno Bubbico, che ha dimostrato di apprezzare la proposta di legge di riforma che la Commissione Antimafia ha depositato alle Camere, a prima firma Bindi, sottoscritta da tutti i gruppi politici. L'unica road map possibile - conclude Mattiello - è quella di intervenire subito con gli strumenti che ci sono per evitare ulteriori drammi, per poi impegnarci tutti insieme per approvare la legge. I testimoni di giustizia sono cittadini onesti che aiutano lo Stato a fare giustizia, sostenerli è semplicemente un dovere". Anche l'Associazione nazionale testimoni di giustizia fa notare che le perizie "redatte cinque anni fa e che solo adesso vengono fuori, proprio mentre Ignazio Cutrò si trova "alla canna del gas", non possono che causare sconcerto e amarezza. Chi ha colpevolmente taciuto, sia obbligato a rendere spiegazioni e sia chiamato a rendere giustizia per l'affronto subito dalla famiglia Cutrò. Il ministro Alfano sia chiamato in Parlamento a rispondere sull'intera vicenda che getta ombre e rivela le ingiustizie subite da chi si è sempre schierato dalla parte dello Stato, cioè i testimoni di giustizia".
"Sono pronto a darmi fuoco. Ciò che voglio è serenità e giustizia per i miei figli che sono vittime due volte, della mafia e della burocrazia dello Stato". A dirlo è l'ex imprenditore e testimone di giustizia Ignazio Cutrò, presidente dell'Associazione nazionale testimoni di giustizia. "Aiuti che non arrivano, promesse non mantenute, sospensive non applicate - spiega Cutrò -; la cosa certa è che lo Stato e le banche in questi giorni hanno ribussato alla mia porta chiedendomi trecento mila euro da una parte, ottantasette mila euro dall'altra, centoventi mila euro da un'altra ancora. Ho recepito il messaggio, in questo Paese non esistono diritti, solo chiacchiere. L'ultimo investimento devo farlo in cinque litri di benzina. I mafiosi con me non hanno vinto ma la burocrazia dello Stato è peggio della mafia"