"Morire di sviluppo"
Siracusa, nella provincia ogni 5 decessi 4 sono per cancro (VIDEO)
Nei venti chilometri del litorale nord siracusano abbiamo uno dei più grandi poli petrolchimici della penisola: sorto dopo la metà del secolo scorso, era stato visto dalla gente come un’opportunità, come una possibilità in questo angolo di Meridione. Le braccia furono rubate ai settori primari, ed impiegarle in questo nuovo ambito volle dire, negli anni cinquanta, emancipare la popolazione, come elevarla ad un altro rango sociale: da contadini ad operai del settore industriale. Ma si sa, l’emancipazione sociale non corrisponde sempre all’emancipazione intellettuale, tanto che, al cospetto di cotanta ricchezza, neanche le amministrazioni locali riuscirono a dimostrare forte indipendenza e spirito decisionale nel portare avanti politiche ambientali volte alla difesa della salute del litorale: tanto che l’unica politica che si attivò fu quella di sostegno degli interessi clientelari e privati. Le norme ambientali impongono un comando ai soggetti che devono osservarla ma se le istituzioni sono le prime a non rispettare le regole, cosa ce ne facciamo dei precetti e dei “liMITi di soglia“? “Chi doveva controllare non lo faceva e chi lo faceva veniva osteggiato”, scrive Pino Aprile in Il Sud Puzza. Già nel ’79 nella rada augustana si stava verificando qualcosa di inconsueto: ripetute morie di pesci che mostravano il ventre scoppiato, una marcata degenerazione epatica e muco nelle branchie, segno di liberazione criminale di sostanze altamente tossiche. Poco dopo, nell”80, il Dottor Giacinto Franco, primario di Pediatria dell’Ospedale Muscatello della città, notò un aumento del numero di bambini nati con malformazioni congenite. Da qui, sorse il sospetto che tali malformazioni fossero da collegare all’attività del sogno industriale: esitazione confermata dal conseguente aumento di pazienti oncologici nella provincia. Le ciminiere disperdevano in atmosfera quaranta tonnellate all’ora di diossido di zolfo, come polvere sospesa si dosava circa 4 tonnellate all’ora, a parte altre tipologie di gas come acido cloridrico. Col passare del tempo, una grossa fetta delle sostanze nocive prodotte dal processo produttivo delle aziende fu seppellito nei terreni circostanti l’area industriale: proprio un’inchiesta parlamentare del 2005 ha individuato nella Provincia di Siracusa circa 23 siti contaminati da bonificare. Qualche anno fa è stata rinvenuta pirite durante la costruzione dell’autostrada Catania–Siracusa. In altri siti, i rifiuti tossici sono stati interrati con l’autorizzazione delle stesse autorità comunali (campo sportivo di Augusta, ex saline comunali, campo sportivo di Priolo). Le falde acquifere sono contaminate da idrocarburi e nessuna voce si è mai levata sulle altre per affermare che le tubature degli impianti hanno perso e, forse, continuano a perdere sostanze cancerogene. Le analisi effettuate sui fondali marini antistanti la zona industriale rivelano la presenza di metalli pesanti: idrocarburi e policlorobifenili. La quantità di fanghi tossici è stimata intorno a 10 milioni di metri cubi. Il suolo risulta essere inquinato anche dalla ricaduta delle polveri tossiche emesse dai camini industriali durante i cicli di produzione. Dunque, oltre all’atmosfera, ad essere contaminato sono anche il mare e il terreno. Il tutto è condito dalla presenza di discariche abusive di tossici e nocivi sparse per la provincia. La catena alimentare è completamente intasata, eppure, nei pressi delle aree occupate da queste cattedrali del deserto, sono presenti campi agricoli e terreni destinati all’allevamento. Nel video che vi alleghiamo troverete quanto anticipato dal titolo. Buona visione.
Fonti: Dossier Priolo OMS, Web.