Teste a Caltanissetta: "Montante si inventò laurea honoris causa"
"Avevamo scoperto che pur di andare sui giornali il signor Montante fece scrivere che lui aveva avuto assegnata una laurea honoris causa, dalla Sapienza, e consegnata a Roma dal presidente Ciampi. E la mattina che abbiamo letto questo articolo siamo rimasti tutti meravigliati". Lo ha detto questa mattina l'avvocato Tullio Giarratana, allora direttore di Assindustria nella sua deposizione nell'ambito del processo sul Sistema Montante che si celebra con il rito ordinario nei confronti di 17 imputati e che è ripreso questa mattina nell'aula bunker di Caltanissetta. "Ricordo che chiamai al telefono il giornalista che aveva scritto l'articolo che mi disse che gli avevano fatto sapere questa notizia. Dopodiché chiamai l'ufficio stampa e chiese se avevano contezza di questa laurea. Per farla breve vollero un fax dell'articolo. - afferma il testimone - Il presidente della Repubblica, con il prefetto e La Sapienza fecero poi una lettera di smentita".
"La mia sensazione era che l'ingegnere Di Vincenzo ritenesse Antonello Montante come una persona non all'altezza per quella carica. Infatti non lo sostenne, nonostante avesse da lui ricevuto appoggio. Poi l'atteggiamento di Montante fu che chi non era con lui era contro di lui". Lo ha detto Maria Lucia Di Buono, per 42 anni responsabile dell'amministrazione di Assindustria, questa mattina nel corso dell'udienza del processo sul cosiddetto Sistema Montante che si celebra, a Caltanissetta, con il rito ordinario a carico di 17 imputati. Maria Lucia Di Buono si riferisce al 2005, quando Antonello Montante divenne presidente di Confindustria Sicilia sostituendo proprio Pietro Di Vincenzo, l'imprenditore nisseno successivamente accusato di essere vicino alla mafia e poi assolto. Tra gli accusatori dell'ingegnere c'era pure Montante. L'ex presidente di Confindustria, ritenuto al centro di un sistema di corruzione finalizzato ad avere informazioni su inchieste in corso, è già stato processato e condannato a 14 anni in abbreviato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Secondo l'accusa, avrebbe svolto inoltre un'attività di dossieraggio contro chi riteneva a lui ostile. A Di Vincenzo che in questo processo è parte civile- condannato per estorsione a tre dei suoi dipendenti - venne confiscato il patrimonio valutato in 280 milioni di euro.