Gela, sottratti a erario 22 milioni: 6 arresti e 117 indagati
I militari del Gruppo Guardia di Finanza di Gela, in collaborazione con altri Reparti del Corpo sul territorio nazionale, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone accusate di avere costituito un'associazione a delinquere finalizzata all'indebita compensazione di crediti di imposta.Sono 117 gli indagati in tutta Italia nell'ambito dell'operazione della Guardia di Finanza di Gela che sta eseguendo un'ordinanza cautelare nei confronti di sei persone accusate di avere costituito un'associazione per delinquere finalizzata all'indebita compensazione di crediti di imposta. Sono persone fisiche e società, prevalentemente nel nord d'Italia, che, secondo l'accusa, hanno beneficiato del 'sistema'. In corso di esecuzione, nei confronti degli indagati, anche un sequestro preventivo beni per complessivi 22 milioni di euro.
C'era il gelese Rosario Marchese, 33 anni, imprenditore d'assalto, al vertice dell'organizzazione sgominata dalla Procura di Gela e dalla Guardia di finanza, che era riuscita a truffare all'erario 22 milioni di euro attraverso false compensazioni di crediti d'imposta in varie regioni d'Italia. Le manette sono scattate anche per Giuseppe Nastasi, 35 anni, di Gela, suo braccio destro e prestanome di aziende fantasma; Salvatore Sambito, di 38 anni, di Palma di Montechiaro, commercialista e revisore contabile; Roberto Goldaperini, di 58 anni, di Milano, avvocato, con l'incarico di risolutore delle controversie; Gianfranco Casassa, di 54 anni, di Brescia, procacciatore al Nord di aziende in crisi da risanare illecitamente; Rosario Barragato, di 46 anni, di Palma di Montechiaro, referente per le aziende del Sud. Coinvolte nelle indagini altri 117 soggetti: 66 persone e 51 imprese. Le Fiamme gialle hanno inoltre proceduto al sequestro di beni, nella disponibilità dei 6 arrestati, per un valore di 22 milioni di euro, pari all'ammontare della truffa in danno dello Stato. Il meccanismo messo in piedi da Marchese, che recentemente ha subito il sequestro di 11 società e 2 ditte individuali in Sicilia, Piemonte, Lombardia e Veneto, perché ritenuto prestanome della famiglia mafiosa dei Rinzivillo, era efficiente e collaudato tanto da essere stato utilizzato per ben due anni, dal 2014 al 2016. Tramite professionisti contabili si individuavano le imprese in crisi, in passivo col fisco, soprattutto al Nord, e si offriva loro un piano di risanamento truffaldino che consisteva nella creazione di falsi crediti d'impresa ceduti da aziende fantasma con cui compensare i debiti. Per evitare la presentazione del modello F24 attraverso i canali dell'Agenzia delle entrate, l'organizzazione effettuava versamenti minimi, anche di un euro, tramite gli sportelli o la home banking. In cambio, Marchese e soci avrebbero incassato complessivamente compensi per 4 milioni di euro.