Imprenditore antiracket di Gela morto suicida, il figlio: traditi dallo Stato
"Abbiamo vissuto piu' di un'ingiustizia e questa volta chi deve pagare paghera'. Mai nessuno, pero', potra' restituirci mio padre". E' lo sfogo di Francesco Greco, il figlio di Rocco 'Riccardo' Greco, l'imprenditore antiracket 57enne di Gela che mercoledi' mattina si e' suicidato sparandosi un colpo di pistola alla tempia mentre era nella sua azienda. Francesco, parla di un vero e proprio tradimento da parte dello Stato. Racconta il calvario del padre al quale alla fine del 2018 il ministero dell'Interno ha negato l'accesso alla white list per la sua azienda, la Cosiam srl. Greco alcuni mesi fa chiese di partecipare alla ricostruzione post sisma nel Lazio e scopri' di non poterlo fare e percorse le vie legali per fare valere le sue ragioni. Il Tar del Lazio esaminando il ricorso lo defini' "soggetto debole", cioe' ipoteticamente "avvicinabile" ai mafiosi. L'informativa venne poi trasmessa alla prefettura di Caltanissetta e per la Cosiam fu la fine.
"Alla fine del 2018 - spiega Francesco - per noi si e' acceso questo bollino rosso. Avevamo 25 appalti in tutta Italia. Dopo quel provvedimento hanno iniziato a revocarci tutti gli appalti che avevamo e hanno iniziato a buttarci fuori dai cantieri. Ci trattavano come delinquenti. Mio papa' pero' non si arrese subito. Ha avuto anche la forza di resistere e cosi' abbiamo deciso di impugnare il provvedimento davanti al Tar. Ma il Tar di Palermo respinse la richiesta di sospendere la cosiddetta interdittiva antimafia della prefettura di Caltanissetta che l'aveva fatto escludere dalla white list delle imprese. Mio padre a questo punto non ha retto piu', ma mai e poi mai avrei potuto immaginare che arrivasse a tanto. Era sofferente negli ultimi tempi ma pensavo che avrebbe reagito, come ha sempre fatto nella sua vita".
Nella vita di un imprenditore, spiega Francesco Greco, "ci sono alti e bassi e mio padre con grande determinazione ha sempre affrontato tutto con coraggio e determinazione. Era una persona equilibrata, ragionava su tutto prima di prendere una decisione, non frequentava nessuno al di fuori di noi che eravamo la sua famiglia. Era un grande lavoratore che credeva in quello che faceva. Questa volta pero' non si dava pace. Non riusciva a capire le ragioni di questo provvedimento". Il prefetto che ha vagliato la documentazione "era lo stesso che nel 2014 ce l'aveva rilasciata. Cosa e' cambiato in quattro anni?". Francesco non si da' pace perche' lui e i suoi due fratelli, Paola e Andrea, hanno perso un padre per un "errore madornale". Riccardo Greco dodici anni fa denuncio' i suoi estorsori. Fece arrestare e condannare 11 affiliati a Stidda e Cosa nostra che avevano chiesto il pizzo sugli appalti per lo smaltimento e la gestione dei rifiuti. Un imprenditore antiracket che si era ritrovato faccia a faccia anche in Tribunale con i suoi aguzzini. Gli estortori furono condannati, ma la procura apri' un'indagine a carico di Greco, - poi conclusasi con l'archiviazione - perche' gli imputati durante il processo "Munda Mundis" avevano sostenuto che gli imprenditori per avere quell'appalto sui rifiuti avevano stretto un patto proprio con la mafia. I mafiosi avevano tentato di difendersi in questo modo, ma non furono creduti. Greco, dopo quella vicenda ricomincio' a lavorare a pieno ritmo fino alla "terribile scoperta" di essere a capo di un'impresa che "non aveva diritto" all'informativa antimafia. "Hanno commesso un errore terribile - conclude Francesco - e spero che adesso si faccia giustizia".