Il Cdm approva il decreto legge su migranti e Paesi sicuri. Nordio: "Sentenza Ue non compresa dai giudici"
Il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo decreto legge sui migranti: il provvedimento dovrebbe rendere norma primaria l'indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio, e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri, di concerto con quelli di Interno e Giustizia, con cui finora è stato annualmente aggiornato l'elenco.
L'elenco dei Paesi sicuri, "recependo le indicazioni della recente sentenza della Corte di giustizia Ue", è stato rivisto e verrà aggiornato periodicamente. In particolare, sono stati rimossi i Paesi rispetto ai quali erano previste "eccezioni di carattere territoriale" (Camerun, Colombia e Nigeria). Il nuovo elenco è ora contenuto in un provvedimento con forza e valore di legge, si spiega, "per evitare possibili disapplicazioni fondate su interpretazioni della 'Direttiva accoglienza" (la quale, tra l'altro, non appare 'dettagliata e incondizionata', rimettendo il suo recepimento ai singoli Stati membri)".
Il provvedimento "nasce da una sentenza della Corte di giustizia europea molto complessa e articolata e anche scritta in francese, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta" dai giudici. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio nella conferenza stampa a palazzo Chigi. "I soggetti sono di cittadinanza incerta e la loro provenienza è dichiarata da loro stessi, non hanno documenti e non c'è nessuna prova che arrivino da determinati Paesi, il che significa devolvere all'arbitrio di queste persone la definizione dei parametri di sicurezza o meno dai quali dicono di arrivare". "Nel momento in cui l'elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla", ha aggiunto il ministro della Giustizia.
Con il decreto di oggi diventa "fonte primaria l'indicazione dell'elenco di 19 Paesi sicuri sugli originali 22: abbiamo tenuto conto dell'integrità territoriale ed escluso Camerun, Colombia e Nigeria". Lo ha detto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi precisando che la lista dei Paesi sicuri "diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto ad un'ondivaga interpretazione. Abbiamo avuto diverse centinaia di casi precedenti di decisioni che non condividiamo e abbiamo legittimamente impugnato. Adesso è norma di legge e offriamo una valutazione fatta per legge". La normativa, aggiunge Piantedosi, serve a "dirimere un'annosa questione: serve a cercare un'accelerazione della procedura, per fare in modo che il ricorso alla richiesta di protezione non sia per la gran parte strumentalizzato per eludere il sistema delle espulsioni. Cioè rimango per anni bloccando la possibilità di essere valutato in tempi ragionevoli e destinato all'espulsione". Sui costi Piantedosi afferma: "Quanto ci costa distribuire i migranti tutti i giorni da Lampedusa a Pozzallo o Porto Empedocle? E quanto ci costa il sistema di accoglienza? Il Viminale spende ogni anno 1,7 miliardi di euro per dare assistenza a persone che per il 60-70% dei casi sono destinate a vedersi bocciata la domanda di asilo".
"L'elenco dei Paesi sicuri è meditato, non apodittico. Sono estromessi, in ossequio alla sentenza della Corta di giustizia europea, Paesi che contengono aree territoriali non sicure: Nigeria, Camerun e Colombia", ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano
Resta dunque alto lo scontro tra il governo e le toghe sulla questione Albania e migranti. "Noi non siamo contro il governo, sarebbe assurdo pensare che l'ordine giudiziario, un'istituzione del Paese, sia contro un'istituzione del Paese quale è il potere politico. Non è lo scontro istituzionale quello a cui tendiamo, tendiamo a difendere l'autonomia e l'indipendenza dell'ordine giudiziario", ha detto il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia.
"Sappiamo - ha poi aggiunto Santalucia parlando ad Agorà su Rai3 della normativa sugli Stati sicuri - che un regolamento dell'Unione europea renderà questa materia più flessibile, ma entrerà in vigore nel 2026. Oggi dobbiamo applicare la direttiva che c'è. Per come lo vedo io, non è uno scontro con la magistratura italiana, ma con le istituzioni europee".