Pedopornografia, 3 arresti e 29 denunciati: preso anche un prete
Una operazione contro la pedopornografia online è in atto da parte della Polizia Postale. Dopo sei mesi d'indagine e con agenti infiltrati su Telegram , sono stati individuate numerose persone dedite alla divulgazione e pubblicizzazione di materiale pedopornografico realizzato mediante sfruttamento di minori online. Tre arresti, tra questi un prelato e un appartenente alle forze dell'ordine. Inoltre sono state denunciate altre 29 persone.
iIn una nota la Polizia si Stato spiega come l'attività investigativa si sia concentrata su un utente, comunque interessato al procacciamento di materiale pedopornografico, pubblicava su gruppi ristretti informazioni e tracce informatiche carpite nell'interazione con altre identità virtuali, di fatto svolgendo l'improbabile ruolo di "giustiziere". Gli utenti coinvolti nello scambio di materiale pedopornografico, riuscivano a mantenere l'anonimato, e disponevano di contenuti illeciti di diversa natura, talvolta anche ritraenti vere e proprie violenze sessuali, e "chattavano" con molta discrezione per sondare la reciprocità di interesse alle tematiche di abuso sessuale, utilizzando linguaggi "in codice". Nelle indagini sono stati coinvolti gli uffici di Polizia Postale di diverse città da Roma a Milano, Napoli, Reggio Calabra, Catania, Bari, Palermo, ma anche Trieste, Venezia.
Le persone coinvolte hanno età diverse, così come condizione lavorativa, ubicazione geografica: professionisti, operai, studenti. Tra gli arrestati, residenti rispettivamente nel milanese, cagliaritano e beneventano, ci sono un appartenente alle forze dell'ordine e un prelato. Il riscontro di casi di detenzione di materiale da parte di giovani e giovanissimi conferma inoltre il rischioso avvicinamento delle nuove generazioni alla materia, certamente favorito dall'evoluzione tecnologica nell'uso di piattaforme peer to peer. Le perquisizioni personali, locali e sui sistemi informatici, hanno portato al sequestro di telefonini, tablet, hard disk, pen drive, computer e account di email e profili social. Sono stati rinvenuti gli account utilizzati dagli indagati per la richiesta del materiale pedopornografico, e un ingente quantitativo di materiale illecito custodito sui supporti informatici.