Long Covid, rischio crollato con nuove varianti e vaccini
Le probabilità di sviluppare Long Covid dall'inizio della pandemia a oggi si sono ridotte di circa tre volte a causa dei cambiamenti nelle caratteristiche del virus SarsCoV2 e, soprattutto, delle vaccinazioni. È il dato che emerge da uno studio condotto da ricercatori della Washington University di Saint Louis pubblicato sul New England Journal of Medicine. La ricerca ha analizzato i dati di oltre 440 mila veterani americani che hanno contratto Covid-19, confrontandoli con quelli di 4,7 milioni che non si erano ammalati, scoprendo che, se con il ceppo originario di virus SarCoV2, il rischio di Long Covid era del 10,4%, con l'avvento della variante Delta si è scesi al 9,51%, per arrivare al 7,7% con il passaggio alle varianti della famiglia Omicron. A fare la differenza maggiore, però, sono stati i vaccini, che hanno ridotto il rischio di un ulteriore 70%, portandolo al 5,34% ai tempi di Delta e al 3,5% con Omicron. Attenzione, però: 3,5% è un valore tutt'altro per piccolo."Moltiplicato per il gran numero di persone che continuano a essere infettate e reinfettate, significa veramente tante persone", avverte il coordinatore della ricerca Ziyad Al-Aly. I ricercatori hanno anche scoperto che nel tempo sono cambiante le caratteristiche del Long Covid: se all'inizio si trattava di problemi soprattuto cardiaci, cerebrali, renali e polmonari, con l'avvento delle varianti Omicron sono cresciuti i disturbi metabolici e gastrointestinali. "Si tende a credere che SarCoV2 sia un virus omogeneo, ma ogni variante ha la sua impronta digitale", aggiunge Al-Aly che mette in guardia dai rischi del sottovalutare Covid."Il Long Covid non è finito", dice. "Non possiamo abbassare la guardia. Dobbiamo continuare a fare la vaccinazione annuale, perché i vaccini sono la chiave per sopprimere il rischio di Long Covid. Se abbandoniamo le vaccinazioni, è probabile che il rischio aumenti di nuovo", conclude.