Caccia ferma, ma sparavano ai conigli: condannati due di Acquaviva Platani
Nel novembre del 2020 due cacciatori (padre e figlio) di Acquaviva Platani (CL) erano stati sorpresi dalle Guardie venatorie del WWF a caccia di conigli, con una muta di 9 cani tutti senza microchip e non in regola con l'anagrafe canina; al controllo i due esibirono il carniere costituito da due esemplari appena uccisi. Poiché il mese precedente il TAR, accogliendo il ricorso di WWF ed altre Associazioni ambientaliste, aveva sospeso il Calendario venatorio nella parte in cui autorizzava proprio la caccia al coniglio selvatico, per i due scatta immediatamente la denuncia per "abbattimento di mammiferi nei cui confronti la caccia non è consentita". Le Guardie WWF
deferirono all'Autorita' giudiziaria i due cacciatori ed i Carabinieri di Mussomeli (CL) - intervenuti in supporto agli agenti WWF - sequestrarono le loro armi. Adesso il Tribunale di Caltanissetta ha condannato i due cacciatori ad un'ammenda di 1200 euro ciascuno, oltre al pagamento delle spese legali sostenute dalla parte civile - l'Associazione WWF Sicilia Centrale - che dovrà anche essere risarcita per il danno morale cagionato dall'illecita uccisione di fauna selvatica. "Il giudice ha riconosciuto la responsabilità dei due cacciatori in quanto il divieto di caccia al coniglio - prima stabilito dal TAR e poi recepito dalla Regione con apposito decreto assessoriale di sospensione del calendario venatorio - era stato ampiamente divulgato dagli organi di informazione e riportato sui siti web specializzati".Il Tribunale, in particolare, non ha riconosciuto la scriminante della 'buona fede' invocata dagli imputati perché, essendo cacciatori, non potevano ignorare l'esistenza dei provvedimenti giurisdizionali ed amministrativi che avevano sospeso la caccia al coniglio. E' stato dunque riconosciuto il principio, già confermato dalla Corte di Cassazione, del 'dovere di informazione' a cui il cacciatore è tenuto in quanto esercita un'attivita' normativamente disciplinata e condizionata dal rilascio di un'autorizzazione e non può, pertanto, invocare l'ignoranza scusabile della norma penale.