Tumore scambiato per polmonite: senza assistenza per 6 giorni a Siracusa
Riceviamo e pubblichiamo la lettera - esposto di un figlio di una paziente di 78 anni, abbandonata per quasi una settimana in una barella all'interno del Pronto soccorso. L'uomo racconta i fatti al presidente della Regione, alla Prefetta ed al sindaco di Siracusa, ma la gestione della Sanità a Siracusa e provincia è pessima, ma non suvccede niente. Nessun cambio di rotta, nè ci sono le prospettive per andare verso un miglioramento. Ecco il testo dell'esposto:
La presente quale denuncia formale per quanto accaduto a mia madre, Ida Bottaro, nata a Siracusa li 13 Ottobre 1946 ed ivi residente in Corso Timoleonte n°66. Chi scrive, il figlio Salvatore Campisi, nato a Siracusa il 18 Settembre 1964, ed ivi domiciliato ni Corso Timoleonte, 66, sta combattendo un tumore ai polmoni, eper questo, finché ne avrà al forza, èobbligato a raggiungere ogni giorno la Città di Catania per sottoporsi ai necessari cicli di chemio e radioterapia. Venerdì scorso, giorno 19 Gennaio, alle ore 18 circa, mia madre giungeva ni ambulanza al Pronto Soccorso dell'Ospedale Umberto Primo di Siracusa, a seguito di evidenti difficoltà respiratorie. La prima diagnosi era quella di polmonite, e la stessa veniva posta su un lettino - barella nel corridoio del Pronto soccorso ni questione. Le veniva somministrato l'ossigeno e delle cure necessarie - secondo i medici - per la polmonite che l'affliggeva. Faccio presente che, nonostante l'età di quasi 78 anni, a nessuno dei familiari è stato permesso di permanere con la paziente, limitandoci a vederla per pochi secondi, alfine di rifornirla di acqua o di altri beni necessari. Ciò in spregio al regolamento vigente che prevederebbe, per gli ultrasettantenni, la presenzacostantediunfamiliare- caregiver. Ci informavano che non c'erano posti letto e che, nell'attesa, mia madre avrebbe dovuto permanere sullo stesso lettino - barella, nello stesso posto del corridoio del Pronto Soccorso. Continuavamo, con i miei familiari, ad assumere notizie sporadiche, per una situazione ni stallo, con mia madre che sembrava non rispondere alle cure somministrate. Trascorrevano cinque giorni e cinque notti quando mercoledì mattina venivamo avvisati, da una semplice e fredda telefonata, dell'avvenuta rottura del femore, per una caduta durante la trascorsa notte, senza saperci specificare altro. Inutile dire che erano trascorse cinque notti e cinque giorni senza un posto letto degno di questo nome e che la diagnosi di polmonite, ancora ni piedi, si complicava con la rottura del femore destro di mia madre, lasciata senza controllo alcuno. Mia moglie, recatasi in ospedale per comprendere l'accaduto, solo allora la trovava in una stanza del Pronto Soccorso, ni un letto ospedaliero, e con le sbarre ai lati. Solo dopo la caduta di una donna ultrasettantenne, lasciata a se stessa e senza l'assistenza - prevista - della propria famiglia.
Salvatore Campisi - Siracusa