Loggia Ungheria, difesa di Calafiore: i pm non hanno mai dimostrato che è falsa
Se la Loggia Ungheria è realmente esistita Giuseppe Calafiore "non ha mai detto che fosse eversiva". Se invece era un'invenzione si sarebbe accusato di aver preso parte a "un'associazione segreta inesistente". In nessuno dei due casi può essere processato. È la tesi con cui gli avvocati Alberto Gullino e Mario Fiaccavento, difensori del collaboratore di studio di Piero Amara, l'ex legale esterno Eni che fra 2019 e 2020 parlò in 5 interrogatori ai pm di Milano Paolo Storari e Laura Pedio di un'associazione segreta "prosecuzione della P2" e in grado di orientare le nomine del Csm e dei palazzi del potere, hanno chiesto al Gup di Milano Guido Salvini una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nel 'processo calunnie'. Sono le battute finali dell'udienza preliminare per decidere se mandare in aula i due faccendieri accusati dai pubblici ministeri Stefano Civardi e Roberta Amadeo di aver calunniato (Amara) decine di esponenti di spicco della magistratura e delle forze dell'ordine fra cui l'ex ministra della Giustizia, Paola Severino, gli ex Comandanti generali della GdF Giuseppe Zafarana (attuale presidente Eni) e Giorgio Toschi, l'ex vice presidente Csm Michele Vietti, e di aver confermato l'esistenza della loggia auto calunniandosi (Calafiore) e promettendo la consegna di una lista di nomi durante l'interrogatorio del 4 febbraio 2020 in Procura a Milano. Nel balletto di tesi che i due siciliani hanno presentato in questi anni ai magistrati di Milano, Perugia (ma anche Potenza, Roma, Catania) e poi di nuovo Milano, martedì mattina la difesa Calafiore è tornata a chiedere il trasferimento del processo a Brescia (o a Perugia), l'inutilizzabilità del suo interrogatorio del 2020 perché essendo stato reso nel procedimento 'Eni Complotto' e non in quello 'Ungheria' - inesistente a quella data - gli sarebbe "stata negata la possibilità di valutare" se avvalersi o meno della facoltà di non rispondere. Soprattutto è stata evocata nuovamente la domanda delle domande: "Fu vera Ungheria?", hanno chiesto retoricamente i legali. "In questo processo manca l'accertamento del fatto" perché "bisognerebbe avere la prova che l'associazione sia inesistente" hanno detto tornando ad attaccare il pm Storari. Secondo loro avrebbe reso impossibile l'indagine con la nota 'fuga' dei verbali consegnati a Piercamillo Davigo nell'aprile 2020 e pubblicati dai giornali circa un anno dopo. In un corto circuito ormai infinito, Storari disse di averlo fatto lamentando proprio il 'muro di gomma' da parte dei suoi colleghi in Procura che avrebbero stoppato, sotto Covid, le indagini per violazione della Legge Anselmi sulle associazioni segrete. "Più pm si sono occupati della vicenda", hanno insistito i legali di Calafiore - che a Perugia disse che la lista di 'Ungheria' era in mano a un agente dei servizi segreti iraniani - sostenendo che "gli unici elementi raccolti" proverebbero "l'esistenza" della loggia. Ad esempio il decreto di archiviazione del Gip di Perugia, Angela Avila, che ha ritenuto non ci fossero elementi sufficienti per dimostrare l'esistenza della loggia me che le nomine di "almeno tre magistrati" di vertice delle Procure italiane siano state influenzate da Piero Amara (Francesco Saluzzo e Lucia Lotti che lo hanno querelato, e Carlo Maria Capristo che è processo per corruzione in atti giudiziari a Potenza). Oppure le testimonianze di "persone informate sui fatti" che hanno "rifiutato di farvi parte" ma ritenute dalle circa 40 parti civili "inattendibili". Intanto sabato 25 potrebbe comparire al settimo piano del Palazzo di Giustizia di Milano Piero Amara (martedì assente per problemi personali) per terminare le proprie dichiarazioni spontanee.