Palermo, accusa il protettore: per la Corte 'è prostituta per scelta'
Ha denunciato un connazionale per sfruttamento della prostituzione. I giudici lo hanno condannato, ma hanno definito la vittima, una nigeriana di 27 anni, una"prostituta volontaria". Una, insomma, che avrebbe scelto di vendersi trovando quel lavoro più remunerativo di altri. L'argomentazione è contenuta nella sentenza della corte d'Assise di Palermo che ha ritenuto Silver Egos Enogieru colpevole dei reati di sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina condannandolo a 2 anni e 6 mesi. La Procura di Palermo gli contestava anche la tratta di esser iumani e per questo aveva chiesto 16 anni e 6 mesi di carcere.
La Corte ritiene la donna "una prostituta volontaria. Da inquadrare, più correttamente, - si legge nella sentenza - nella nota diffusa categoria delle cosiddette sex-workers ossia nella categoria di quelle donne che preferiscono dedicarsi alla prostituzione piuttosto che lavorare o svolgere lavori poco remunerativi, come potrebbero esser quello della 'shampista' o di far capelli o di 'far treccine' o di lavorare presso qualcuno come domestico (etc etc)". "Questa 'classificazione' della prostituta, naturalmente non contrasta con la presenza di uno sfruttatore e favoreggiatore, che a sua volta si giovi delle prestazioni della 'lavoratrice e le agevoli, per rimpinguare anche le proprie casse"', prosegue il collegio che ha anche condannato l'africano a risarcire i danni alla parte civile. La Procura di Palermo presenterà appello contro la sentenza.
La vittima ha raccontato di essere stata costretta a fuggire dalla Nigeria nel 2016 per sfuggire alla vendetta della mafia locale. Raggiunta l'Italia con un barcone partito dalla Libia, dopo mesi di prigionia in un campo profughi, arrivata a Bari avrebbe cercato contatti con suoi connazionali. Sarebbero stati loro a indirizzarla all'imputato. La 27enne l'avrebbe incontrato a Bari e lui l'avrebbe mandata a Palermo dove l'avrebbe costretta a prostituirsi insieme ad altre donne. Ogni mese la ragazza sarebbe stata obbligata a consegnare 1.500 euro al mese al suo protettore, che ha scoperto in un secondo momento faceva parte della mafia nigeriana e che sistematicamente l'avrebbe picchiata rimproverandola di non portare abbastanza denaro. Dopo mesi la ragazza si sarebbe rivolta a un pastoree vangelico, che ha anche testimoniato al processo, che l'ha convinta ad andare alla polizia.
I giudici, pur condannando l'imputato, hanno ritenuto che non fosse stato lui a far prostituire la donna, ma che fosse zstata lei a scegliere quella "professione" ritenendola più remunerativa di altre. Ciò però non ha evitato che l'africano, che incassava parte del denaro guadagnato dalla ragazza, fosse condannato per sfruttamento della prostituzione