Pachino, Caruso Verso racconta la tragedia del figlio: il cuore di Francesco non ha retto
"Sono il padre di Francesco", comincia così la lettera dell'ex senatore Luigi Caruso Verso e penalista del Foro di Siracusa, che racconta la tragedia che ha colpito la sua famiglia con la morte del suo secondogenito Francesco. Caruso Verso è stato costretto a mettere nero su bianco come sono andate le cose quel maledetto sabato sera. "Sento il bisogno di intervenire per chiarire, a fronte di
(comprensibili) inesattezze giornalistiche ( “malore nella notte”, “dopo una serata con amici”, “del malore si sarebbero accorti alcuni turisti” ) e di malevole insinuazioni messe in giro da qualcuno, quello che è veramente accaduto. Mio figlio, - scrive Caruso Verso -titolare di porto d’armi e di licenza di collezione ( deteneva un gran
numero di armi utilizzate nel secondo conflitto mondiale dagli eserciti contrapposti), era assolutamente lontano da alcol e droghe, come sa bene chiunque abbia avuto la
fortuna di conoscerlo ( e sa bene, ovviamente, l’autorità di Pubblica Sicurezza ). Soffriva, però, di disturbi del ritmo cardiaco e di un inguaribile altruismo.
Nel tardo pomeriggio di sabato 8 luglio ( benché si sentisse stanco ed avesse avuto il giorno prima un lieve malore mentre si trovava dal barbiere ) aveva accettato l’invito dell’ing. Sebastiano Minardi, docente presso l’istituto “Paolo Calleri” ed organizzatore delle celebrazioni dell’anniversario dello sbarco. Alle 19.30 circa, parcheggiata la sua autovettura nei pressi dell’autosalone “Buggea”, saliva a bordo di
quella del prof. Minardi. In auto erano in tre, dato che c’era anche la signora Michela Cella, presidentedell’ANPI di Novara, scesa a Pachino per l’ottantesimo anniversario dello sbarco
e che aveva espresso il desiderio di visitare i luoghi più significativi.
Francesco, com’è ovvio, prendeva posto sul sedile posteriore. Visitavano, nell’ordine, Torre Scibini, Case Maucini, Funnu i varchi ( dove Francesco, fumata la sua ultima sigaretta, la spegneva sugli scogli e l’avvolgeva in un fazzolettino di carta, che riponeva in tasca, essendo l’auto priva di posacenere ), Isola delle Correnti, il Comando Tedesco (dove ora sorge un’attività ricettiva) ed
infine il porto di Portopalo. Il giro era finito e Francesco aveva, per l’ultima volta, illustrato, con la sua straordinaria competenza, le fasi della battaglia.
Mentre tornavano verso il centro della cittadina, il prof. Minardi e la signora Cella sentivano un rantolo, si giravano e vedevano mio figlio riverso sul sedile posteriore in preda alle convulsioni.
Pensano ad un crisi epilettica ( purtroppo era un arresto cardiaco ) e, alle 20.23 la signora Cella, che ha accento piemontese ( ecco qui i turisti...), chiama il 118. La telefonata dura 2 minuti e 57 secondi.
Arrivano i soccorsi, arrivo io, arrivano il fratello , la compagna di Francesco, Antonella, ed i cugini, inizia una lunga attività di rianimazione, ma il cuore di mio figlio si era fermato per sempre qualche minuto prima delle 20.23 . Questo è esattamente quello che è accaduto e che mi è stato raccontato ieri, mercoledì 12 luglio, dall’ing. Minardi.
Dunque niente serate in compagnia, niente bagordi, niente eccessi di alcun tipo, niente amici che lo abbandonano a terra e fuggono per paura della polizia. Con preghiera per quei miserabili, che diffondono queste squallide insinuazioni, di prendere atto della realtà e rassegnarvisi".
(Nella foto a sinistra Francesco con il padre Luigi Caruso Verso al poligono di tiro)