Il sisma del Belice, fabbro ricostruisce il plastico dell'antica Gibellina
Il suo laboratorio-garage è in una delle villette a schiera della nuova Gibellina, case basse che si affacciano su grandi strade in un paese silenzioso che oggi celebra i 55 anni dal terremoto del Belìce. Carlo La Monica, 75 anni, ferroviere in pensione, apre la saracinesca per mostrare l'ultima sua opera che sarà pronta tra qualche settimana: un plastico su scala 1:100 dell'antico centro di Gibellina nato grazie a un intervento di democrazia partecipata."E' la riproduzione esatta di quello che era la 'mia' Gibellina -racconta all'ANSA Carlo La Monica - con tutte le vie, le case, i palazzi, le chiese, i cortili e finanche i dislivelli dei terreni, realizzati col polistirene e legno". L'opera, con 400 immobili ricostruiti, è la prima nel suo genere che viene realizzata ed è nata dopo tanti anni di studio e raccolta di documenti. Nei decenni La Monica ha recuperato foto, cartografie, tutto ciò che ritraeva l'antico paese di Gibellina prima che il terremoto lo buttasse a terra. "Recuperai finanche una mappa delle fognature di Gibellina del 1923, c'erano segnate le quote e nella ricostruzione del plastico queste mi sono servite". Il paese vecchio oggi non c'è più perché coperto dal Cretto di Burri. Sotto le casseformi di cemento bianco sono custoditi i ruderi dell'antica città. In quel centro abitato, che contava 7mila abitanti, Carlo La Monica è nato e cresciuto. "Sin da piccolo frequentavo la bottega del fabbro Raffaele Andrea - racconta - e lì ho imparato a lavorare il ferro. Ma, allo stesso tempo, ero incuriosito da palazzi antichi e chiese. Ricordo che di fronte la bottega c'era la chiesa del Carmine e chiesi al parroco informazioni sulla storia". La famiglia, i giochi, gli amici. Su e giù per le vie dell'antica Gibellina e i quartieri che oggi Carlo La Monica ha ridisegnato puntualmente nel plastico: Santa Caterina, li cannola, lu chianu di la chiesa, santa Nicola, piazza Sant'Eligio. Il terremoto del 1968 ha distrutto tutto, gli immobili e la speranza. "Il 15 gennaio di quell'anno ero militare a Orvieto -racconta Carlo La Monica - e venni a conoscenza del sisma tramite la radio. Tornai in Sicilia dopo due giorni di viaggio e a Palermo mi comunicarono che la mia famiglia stava bene e si trovava presso la tendopoli di Castelvetrano. La raggiunsi e fu davvero un momento emozionante poter riabbracciare i miei genitori e i miei fratelli che erano rimasti vivi".