Lukoil pronta a vendere Priolo, la preoccupazione della Fiom
Le voci di una possibile vendita di Lukoil ai norvegesi della EQUINOR, sono solo il preludio di un processo che scaricherà gli effetti negativi di un modello industriale, ormai irriformabile, sull’occupazione e sull’economia dell’intero territorio.
cL'Italia è l'unico paese europeo che non si è ancora dotato di un piano energetico nazionale in una complicata fase di transizione energetica. E le voci di una possibile vendita di LUKOIL ai norvegesi della EQUINOR, sono solo il preludio di un processo che scaricherà gli effetti negativi di un modello industriale, ormai irriformabile, sull’occupazione e sull’economia dell’intero territorio.
"Gli annunci della politica e del sistema delle imprese di questi giorni hanno confermato la preoccupazione - più volte manifestata - che la mancanza di interventi straordinari e di obiettivi chiari diventi, per una connessione strutturale che caratterizza il più grande petrolchimico d’Europa, l’innesco per un effetto domino che rischierebbe di far scomparire un settore azzerando oltre 10.000 posti di lavoro e una parte consistente del PIL regionale. Per salvaguardare l’industria e l’occupazione occorre perseguire l’obiettivo di realizzare un nuovo modello industriale, ma il governo e la politica fino a questo momento sono rimaste a guardare, senza una strategia nazionale, senza un piano genera"E mentre Confindustria e il sistema delle imprese lamentano un’accelerazione troppo repentina del processo di transizione energetico Priolo rischia la desertificazione. Dal punto di vista metalmeccanico, pur ribadendo il ruolo centrale di un’industria socialmente ed ambientalmente sostenibile, quale settore indispensabile per l'economia, la ricchezza e il lavoro del nostro territorio e dell'intera economia siciliana riteniamo che il nostro territorio abbia le potenzialità per intercettare le opportunità offerte dal PNRR e affermare un diverso, moderno e competitivo modello industriale. Uno sviluppo sostenibile sul terreno sociale e ambientale con un rapporto sempre più sinergico e condiviso con il territorio, le comunità e le istituzioni locali, per pretendere dalle Istituzioni locali, dal Governo Regionale e Nazionale risposte sul futuro del Petrolchimico. Avendo chiara la necessità di dotare la nostra provincia di un nuovo modello di sviluppo, occorre ripartire da quanto già consumato alla ricerca di una diversificazione produttiva, miseramente naufragate nell’indifferenza della politica e sotto il peso dell’incapacità di imprenditori locali che, privi di visione a lungo termine, non si opposero al volere delle multinazionali del petrolio e della chimica.
All'inizio degli anni ottanta il mercato industriale fu attraversato da un nuovo grande filone di attività rappresentato dalla necessità di realizzare piattaforme petrolifere da collocare nel mare adriatico e nei mari del nord Europa. In quegli anni una splendida intuizione vide insieme, in un grande sforzo progettuale, le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le associazioni datoriali, gli enti locali e la Regione Siciliana. Obiettivo finale fu quello vincente di candidare l'area di Punta Cugno, prospicente la rada di Augusta, come sito industriale di riferimento per la costruzione delle piattaforme petrolifere off-shore. Il progetto prevedeva la realizzazione di un'area attrezzata, con macchinari adeguati e la costituzione di un consorzio di imprese private e pubbliche, locali, regionali e nazionali, candidato all'acquisizione delle commesse di lavoro. La Regione Siciliana, con una specifica legge la n. 112 del 28 dicembre 1984, finanziò con circa 60 miliardi di lire la costruzione delle officine dell'area e fu costituito il Consorzio Italoffshore, forte della presenza di aziende solide e con una alta professionalità, che portò all'acquisizione di importanti commesse nazionali e internazionali. Per più di dieci anni l'area di Punta Cugno ha visto crescere generazioni di imprese e di lavoratori specializzati in una sinergia straordinariamente positiva tra area felicemente ubicata e adeguatamente attrezzata e imprese e maestranze specializzate. Punta Cugno ha rappresentato, per tanti anni, forse l'unica e straordinaria occasione di diversificazione produttiva e occupazionale, ecosostenibile e di alta tecnologia in grado di far crescere le imprese e di garantire l'occupazione stabile per migliaia di lavoratori, uscendo dalla pur importante manutenzione negli impianti chimici e petrolchimici presenti nell'area siracusana. Operazione che venne ulteriormente rafforzata dalla pressoché contemporanea crescita di un'altra area, Marina di Melilli dove il gruppo Belleli realizzò importanti commesse, seguita nel 2004 dalla Si.Te.Co. che realizzo importanti commesse nel settore dell’energia pulita (eolico). Le due aree di Punta Cugno e Marina di Melilli, hanno rappresentato la possibilità di costruire un grande polo metalmeccanico moderno, avanzato e indipendente dal polo petrolchimico che oggi sarebbe proiettato in una giusta visione green di economia circolare. Ancora oggi spazi importanti, officine attrezzate, imprese qualificate, maestranze specializzate, fondali marine adeguati, rappresentano un insieme di condizioni e caratteristiche difficilmente riscontrabili in Italia e che ancora oggi se valorizzate potrebbero intercettare gli importanti investimenti del PNRR e traghettare il nostro territorio verso un nuovo modello industriale.
Queste aree oggi fungono da cantieri in una condizione di quasi abbandono, lontano dall’essere quel polo integrato dove per anni si è tentato di realizzare un grande progetto di sviluppo che oggi ci metterebbe nelle condizioni di reggere l’impatto sociale della “transizione energetica”. Occorre riportare le aree di Punta Cugno e Marina di Melilli allo spirito originario di quella intuizione, costruire un grande progetto industriale che in chiave green dia centralità ad una nuova ipotesi industriale che ci faccia uscire da un’opprimente monocultura industriale. Non c’è più tempo occorre riportare in mani pubbliche la politica industriale del Paese, agganciare lo sviluppo per il nostro territorio significa realizzare le bonifiche e la riqualificazione degli impianti dismessi, realizzare gli investimenti per riattivare le aree di Punta Cugno e Marina di Melilli e riconvertire gli impianti petrolchimici per la produzione di carburanti meno inquinanti, oppure Priolo precipiterà nell’oblio che segna la scomparsa dell’industria con tutto il peso di un dramma ambientale, economico e sociale. Per il sistema delle imprese per Confindustria e per la politica è tempo di un bilancio sociale attento al bene del territorio e dell’occupazione e non soltanto al profitto".