Segni di violenza su uno dei 18 marinai di Mazara sequestrati in Libia
"Il giorno dopo il sequestro dei pescherecci ho ricevuto una foto di mio marito e ho visto che aveva l'occhio destro semichiuso e la guancia arrossata, segno che aveva subito violenze". Lo dice Marika Calandrino, moglie di Giacomo Giacalone, marinaio trentatreenne del peschereccio Anna Madre sfuggito al sequestro. La donna ha sentito il marito il 13 novembre e ieri, ma della questione non hanno mai parlato: "Tra di noi - spiega Marika - esiste un codice di comunicazione tutto nostro. Quando gli ho chiesto come stava, mi ha risposto dicendo che è 'come quando ti schiaccio l'occio, e cioè non posso parlare'. Questo, nel nostro linguaggio significa 'ora sto bene ma prima no'"
Marika Calandrino conserva la foto con il volto del marito, "ma non posso mostrarla", dice. "Non vedo l'ora di riabbracciarlo, sono quattro mesi che non lo vedo. La nostra bambina, Gaia, che ha un anno e 5 mesi, quando lui è partito, il 20 agosto, si muoveva con il girello. Adesso parla, corre e bacia la foto del suo papà".
"Mi sono sentita sola: quando ho chiesto di poter parlare via radio con mio padre, dalla Farnesina mi hanno detto che dovevo rivolgermi al mio Paese, la Tunisia. Ma a Tunisi mi hanno spiegato che la questione riguardava la Libia e l'Italia. Mi sono sentita discriminata, incappata nel vortice delle competenze". L'ha detto Naoires, figlia di Mahmed Bel Haddada, uno dei sei pescatori tunisini sequestrati a Bengasi. Naoires era presente stamane alla cerimonia di consegna di un assegno, da parte di due imprendtori locali, alle famiglie dei 18 pescatori. Con lei c'era la figlia di un altro pescatore tunisino, che annuiva al racconto della ragazza.
Intanto arriveranno domattina, tra le 8 e le 10, i 18 marinai dei due pescherecci in navigazione da Bengasi a Mazara del Vallo. Lo dicono i parenti che stamane hanno contattato via radio gli uomini dell'Antartide e della Medinea.
"Voglio tornare a lavorare, non a fare la guerra". L'ha detto stamane il comandante del peschereccio Medinea, Pietro Marrone, in un collegamento via radio trasmesso da Rainews 24. Il peschereccio e l'altra imbarcazione si trovano attualmente a circa 250 miglia da Mazara del Vallo. "I nostri carcerieri - ha aggiunto Marrone - non volevano che li guardassimo negli occhi, altrimenti ci avrebbero infilato la testa nel bidet". Il comandante ha anche detto che i marinai spesso cucinavano per i carcerieri e dovevano loro servire il cibo, sempre con il divieto di guardarli in faccia. Infine, Marrone ha detto di aver condiviso due celle, insieme ai suoi compagni, con altri detenuti stranieri.