Fermata impianto Isab - Lukoil a Priolo, la Cgil chiede sicurezza per i lavoratori
In questi giorni nella sede di Confindustria la ISAB LUKOIL ha presentato alle organizzazioni sindacali, il piano operativo per la fermata TA2020. Secondo il programma il giorno 15 ottobre gli impianti verranno spenti per eseguire lavori di manutenzione, controllo e modifiche utili ad ottimizzare la produzione ed ottemperare a scadenze e adempimenti di legge programmati e non rinviabili.
“Nell’incontro ci è stata illustrata la macchina organizzativa messa in campo dalla ISAB LUKOIL per gestire una programmazione che per costi (circa 170Ml) e personale interessato (circa 4000) rappresenta sicuramente un impegno economico e gestionale rilevante. Si è discusso di sicurezza, con attenzione ai fattori di rischio aggiuntivi che il covid-19 pone nella gestione delle 4000 unità lavorative che saranno interessate ai lavori di manutenzione, si è parlato di orari di lavoro di gestione logistica del personale e di ottimizzazione dei processi produttivi. Un “turnaround” che rappresenterà sicuramente una boccata di ossigeno per i lavoratori di un territorio che però da anni vive nell’oblio senza la capacità di immaginare il proprio futuro.
A questo territorio manca una esplicita caratterizzazione sul futuro posizionamento della raffinazione e della chimica nel contesto energetico nazionale e mondiale, manca un confronto vero sul tema dell’impatto ambientale e della responsabilità sociale di impresa - a partire dalla questione degli appalti - insomma manca una visione di sistema sul futuro. Oggi siamo di fronte ad una transizione energetica epocale che interesserà le modalità di produzione, stoccaggio, trasporto dell’energia che non può essere racchiusa nel solo perimetro della programmazione territoriale o nazionale perché intercetta processi globali che occorre analizzare e gestire. L’impatto non riguarderà solo il riposizionamento e le strategie dei gruppi industriali e delle utilities, ma il rapporto più generale tra sistemi energetici, modelli di consumo e di sviluppo in un processo che, deve essere chiaro a tutti, è irreversibile. Una transizione le cui tendenze sono chiare: accelerazione nell’abbandono delle fonti fossili, del carbone e del petrolio; una tendenziale crescita verso l’elettrificazione dei consumi; una nuova centralità delle fonti rinnovabili. Ma al momento sul nostro territorio le raffinerie gridano vittoria. Dopo la sentenza del Tar, con ancora più arroganza mostrano una indisponibilità ad agganciare la rivoluzione energetica in atto e ad investire nel rinnovamento degli impianti. Arroganza ed indisponibilità che sta tracciando una frattura sempre più profonda tra industria e un territorio su cui pesa ancora il ricatto occupazionale e l’opposizione di chi non vuole rinunciare al profitto a tutti i costi. Il problema vero non è l’inconsistente impianto probatorio del “piano dell’aria” regionale, il problema è il marcato “negazionismo” di imprese che cercano di investire il meno possibile, massimizzando i profitti senza avere, come hanno ampiamente dimostrato in questi anni alcuna intenzione di riconnettere impresa, lavoro e ambiente, senza avere la capacità di innalzare la qualità tecnica di un necessario confronto in un’articolazione generale dove lavoro, ambiente e industria siano capaci di definire gli investimenti da realizzare e decidere nell’interesse di tutti la giusta strada da intraprendere. Finita questa fermata, insomma, riteniamo sia improcrastinabile affrontare senza alibi e tatticismi il tema della” transizione energetica” riprogettando insieme il futuro della raffinazione e del territorio. I metalmeccanici convinti della necessità, per il lavoro ed il territorio, di “agganciare” il processo di transizione energetico in atto faranno la propria parte cercando di saldare le diverse sensibilità, le diverse istanze presenti sul territorio in un progetto vertenziale che riconquisti una vera ipotesi di sviluppo.”