La marcia indietro di Bonafede sulla nomina dell'ex pm di Palermo a capo del Dap
"Bonafede mi chiese se ero disponibile ad accettare il ruolo di capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o, in alternativa, quello di direttore generale degli affari penali. Chiesi 48 ore di tempo di tempo per dare una risposta", ma "quando ritornai, avendo deciso di accettare la nomina a capo del Dap, il ministro mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano pensato di nominare Basentini". Così l'ex Pm di Palermo, Nino Di Matteo, intervenendo telefonicamente a 'Non e' l'arena', su La7.
Di Matteo ricorda che, nelle ore intercorse tra la proposta del ministro della Giustizia e la sua decisione, "alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura nazionale antimafia ma anche alla direzione del Dap, quindi penso fossero conosciute dal ministro, avevano descritto la reazione di importantissimi capimafia, legati anche a Giuseppe Graviano e ad altri stragisti all'indiscrezione che io potessi essere nominato a capo del Dap". Quei capimafia, racconta, dicevano "se nominano Di Matteo è la fine". Tuttavia, "al di la' delle loro valutazioni - aggiunge - andai a trovare il ministro 48 ore dopo, avevo deciso di accettare la nomina a capo del Dap ma improvvisamente mi disse che ci aveva ripensato".
Incalzato dal conduttore, Massimo Giletti, Di Matteo puntualizza: "Al ministro dissi 'Mi consenta di parlare con i miei famigliari prima di decidere', e quando andai per dire che avrei accettato Dap, nel frattempo il ministro ci aveva ripensato o qualcuno l'aveva indotto a ripensarci questo non lo posso sapere. 'La vorremmo come nostro collaboratore, puo' scegliere o essere nominato al dap, e lo passo fare io subito, o può scegliere la direzione degli affari penali, ma in questo caso deve aspettare la maturazione di una situazione', era la prima offerta di Bonafede". Anziche' la nomina al Dap, nel secondo incontro, "il ministro mi chiese di accettare il ruolo di direttore generale al ministero. Il giorno dopo gli dissi di non contare su di me perchè non avrei accettato", conclude Di Matteo.
Il ministro pentastellato ha telefonato in diretta durante la trasmissione, dicendosi "esterrefatto", perché la circostanza che lui avrebbe cambiato decisione dopo aver saputo dell'intercettazione ("che peraltro era già stata pubblicata") "non sta né in cielo né in terra". Bonafede ha aggiunto che l'incarico di capo degli Affari Penali che Di Matteo ha poi rifiutato, "non era un ruolo minore , ma più di frontiera nella lotta alla mafia. Lo stesso incarico che ricoprì Giovanni Falcone".