Palermo, Fiammetta Borsellino tenta di aiutare la famiglia di un pentito
"Solo per avere provato ad aiutarmi la ringrazierò per tutta la vita, chi mi ha deluso profondamente sono coloro a cui ho consegnato la mia vita". Lei ha risposto: "Oggi anche la mia famiglia si sente tradita e delusa da una parte delle istituzioni". Sono i messaggi che si sono scambiati Fabio Tranchina, l'ex autista del boss Giuseppe Graviano che ha curato i preparativi della strage di via d'Amelio e oggi collabora con la giustizia, e la figlia del procuratore aggiunto Paolo Borsellino, che il 19 luglio fu ucciso con cinque poliziotti della scorta. "Tranchina mi ha parlato del suo dolore - spiega oggi Fiammetta a Repubblica - mi ha raccontato, durante una pausa dell'ultimo processo per le bombe del 1992, la sua gioventù difficile a Brancaccio, mi ha giurato in lacrime che non sapeva cosa doveva accadere in via d'Amelio. Mi ha raccontato soprattutto della sua voglia di cambiare vita, e delle difficoltà enormi che sta incontrando. In quel momento - era quasi un anno fa, nell'aula bunker di Firenze - Fiammetta Borsellino decise che avrebbe aiutato quell'uomo in lacrime. Nella storia si inserisce la vicenda di un'altra donna, l'attuale compagna di Fabio Tranchina, che ha lasciato il marito, un boss ergastolano, per seguire l'uomo con cui ha immaginato un futuro diverso, e per questa scelta è stata rinnegata dalle figlie. "Adesso, sta affrontando un problema che non rende serena la famiglia, non hanno praticamente di cosa vivere - dice Fiammetta - Lei è una dipendente del Comune di Palermo, prima precaria, poi di recente è stata assunta, ma non è mai potuta ritornare in servizio, perché abita lontano dalla Sicilia". "Una soluzione deve pur esserci, dice la figlia di Paolo Borsellino, che in questi mesi ha fatto decine di telefonate, ha scritto tante lettere. Potrebbe prendere servizio nel Comune in cui si trova. Ma il Comune di Palermo dovrebbe farsi carico di pagare lo stipendio. Ho parlato con il sindaco Orlando e con i suoi funzionari, spiegando la situazione - spiega la figlia di Borsellino - ho ribadito che questo è un caso importante, ho parlato pure con il servizio centrale di protezione, lo Stato dovrebbe farsi carico di chi ha accettato di sostenere la ricerca della verità. Dopo mesi, la situazione sembrava essersi sbloccata. Ma, poi, lo spettro di un intervento della Corte dei Conti ha bloccato tutto".