Cina e coronavirus, anche nell'automotive si sente la crisi
Il coronavirus può provocare effetti sensibili sull'economia cinese: a rilanciare questa tesi non sono soltanto le notizie di stampa, ma anche uno studio realizzato dalla Luohan Academy, prestigioso istituto di ricerca di Hangzhou. Ed è soprattutto il mondo dell'automotive a fare i conti con questa crisi imprevista.
Non passa giorno senza un aggiornamento sul coronavirus, ormai, e ora la questione si affronta non più soltanto dal punto di vista sanitario: dalla Cina arrivano anche notizie e studi sui potenziali effetti negativi dell'epidemia sull'economia locale, e il settore dell'automotive ci fa capire la concretezza di questo problema.
Nessun rischio per i consumatori, dice l'OMS
Senza scadere nell'allarmismo, partiamo prima da chiarimenti necessari: dal punto di vista degli utenti, non ci sono rischi nell'acquistare prodotti provenienti dalla Cina perché, come ha spiegato il portavoce dell’OMS Christian Lindmeier, il virus non può sopravvivere sulle superfici nelle lunghe tratte a cui sono solitamente soggetti i pacchi.
Questo significa che per il momento possiamo continuare a utilizzare le varie piattaforme per l'acquisto di componenti per l'auto, come le gomme, e quindi servirsi di eCommerce come euroimportpneumatici per approfittare di promozioni sugli pneumatici Goform o su altre marchi del Dragone. Ma perché abbiamo scritto "per il momento"?
I problemi per l'automotive
Il problema riguarda infatti il medio-lungo periodo in termini di fabbricazione e di approvvigionamento di prodotti e materie prime, perché il prolungarsi dei disagi causati dal virus sta praticamente paralizzando l'economia locale della Cina: ce lo confermano non solo le voci della stampa - come una serie di articoli particolarmente preoccupati della CNN - ma anche le ricerche di istituti autorevoli.
Lo studio sull'economia cinese: Pil in calo
È il caso della Luohan Academy, ente di ricerca di Hangzhou istituito da Jack Ma, fondatore di Alibaba, che ha stimato l'impatto del coronavirus in un rallentamento di 2 punti percentuali nel primo trimestre del 2020 del Pil cinese, valori molto più alti di quelli fatti registrare dalla Sars nel 2003 (peso di circa 1,2 punti percentuali).
La previsione per tutto il 2020 - escludendo la regione di Hubei, cuore della produzione automotive, e calcolando con una perdita di 10 giorni di lavoro - è di un calo limitato inferiore all'1 per cento, con il Pil cinese che quindi crescerà "solo" del 5,6 per cento se non dovessero esserci altre evoluzioni. Ma il governo di Pechino, dicono gli analisti, deve riportare la fiducia nel sistema economico, colpito duramente dalla gestione quanto meno opaca dell’epidemia.
Auto e motori, gli effetti del coronavirus
Come dicevamo, il comparto dell'automotive rischia di pagare un conto salato, con una produzione rallentata e spesso bloccata a causa del rischio contagio e delle misure precauzionali messe in atto dagli enti cinesi. Tra componentistica e forniture, la Cina è un mercato a dir poco centrale per le grandi case automobilistiche: la sola Volkswagen concentra qui quasi il 40 per cento della sua produzione globale e ha proprio nel mercato asiatico il principale canale di distribuzione, ma anche General Motors, Nissan, Honda e BMW stanno subendo colpi importanti.
Il ruolo della Cina nell'automotive
Secondo le rilevazioni della CNN, la Cina è il principale fornitore di ricambi per impianti automobilistici in tutto il mondo, con una produzione di pezzi nel 2018 dal valore di oltre 30 miliardi di euro. Componenti che vanno in parte nel segmento della distribuzione al dettaglio, come nel caso citato degli pneumatici, ma che in larga misura servono alle case produttrici per avviare le catene di montaggio e costruire automobili.
Tra questi pezzi non ci sono soltanto i generici ricambi auto come paraurti o pistoni del motore, ma anche elementi più ampi come chip per computer, viti e bulloni, e quindi il peso della Cina nell'automotive è anche più rilevante di quanto emerge dalle analisi.
L'evoluzione della situazione
Non stupisce allora che tutte le altre case automobilistiche stiano monitorando attentamente la situazione in Cina, pur sapendo che è troppo presto per dire quale sarà l'impatto sulle loro operazioni globali; al momento, la preoccupazione si sta estendendo anche ad altre realtà, perché non si riesce a far funzionare gli impianti senza le forniture cinesi. E così, la Hyundai ha chiuso i suoi impianti di assemblaggio in Corea del Sud, la Nissan ha annunciato avrebbe "adeguamenti della produzione" per lo stabilimento di Kyushu, in Giappone, la Renault ha sospeso la produzione in uno stabilimento di Busan, in Corea del Sud, e Fiat Chrysler ha definito "a rischio" la produzione negli impianti europei senza l'arrivo di prodotti dalla Cina entro la fine del mese di febbraio.