'Caso Gregoretti', la Commissione del Senato vota su Salvini il 20 gennaio
Nessun rinvio per Matteo Salvini. La Giunta delle immunità del Senato voterà lunedì se debba affrontare o no un processo per "sequestro di persona". A mettere la parola fine sulla data è stata la Giunta per il regolamento: convocata per sbloccare lo stallo degli ultimi giorni, ha confermato che il primo verdetto, al quale dovrò seguire quello definitivo dell'Aula, arriverà il 20 gennaio, sei giorni prima delle elezioni regionali. Proprio quello che la maggioranza ha cercato di evitare per non dare un ulteriore slogan elettorale al 'capitano' leghista, dicono. Perciò non si esclude una mossa eclatante, con un "mini-Aventino", la decisione di disertare i lavori della Giunta. In quel caso vincerebbe molto probabilmente il centrodestra salvando momentaneamente Salvini, perchè l'ultima parola, quella che conterà in maniera definitiva, sarà esclusivamente dell'aula del Senato, a Febbraio. E' lì che si metterà il sigillo al caso Gregoretti. E sarà in quella occasione che la maggioranza potrà dare il colpo definitivo, regolando i conti con il centrodestra - si spiega - per votare l'autorizzazione all'arresto dell'ex ministro dell'Interno. Intanto ad animare ulteriormente lo scontro politico è la polemica contro il presidente del Senato. Elisabetta Casellati è entrata nel mirino di Pd-M5s e Leu dopo aver votato (una procedura inusuale anche se non vietata da alcun regolamento) insieme ai sei dell'opposizione nella Giunta per il regolamento a favore della convocazione per il giorno 20 della Commissione chiamata al primo giudizio su Salvini. Casellati è stata "imparziale e scorretta", ripetono infuriati. Compreso il segretario del Pd che denuncia "un atteggiamento molto scorretto e grave". I gruppi della maggioranza continueranno a confrontarsi in queste ore per decidere sul da farsi e alla fine - assicurano - la linea sarà unitaria. Una linea che ora prevede, appunto, anche la mossa di non presentarsi in Giunta. Il presidente del Senato rigetta con forza le accuse. Non accetta che si metta in discussione il suo ruolo super partes e chiarisce di essersi esposta per "garantire la mera funzionalità degli organi del Senato". Non ci vede nulla di strano, invece, il leader della Lega: "E' una senatrice", osserva da Gioia Tauro e rilancia: "Sono curioso di vedere chi andrà in Giunta a dire che sono un criminale". A difenderla è il resto del centrodestra. La maggioranza non le contesta solo l'entrata in campo ma anche il balletto vissuto sul regolamento, passando in pochi minuti da una deroga introdotta alla prassi fino a una contro-eccezione. E senza ostacoli dalla presidenza, sostengono. A inizio riunione, le opposizioni propongono di sciogliere il nodo sulla data del voto Gregoretti, chiarendo se i 30 giorni previsti per la prima 'sentenza' della Giunta delle immunità siano perentori o no. Per la maggioranza è un quesito "manipolatorio". Di fatto però, una deadline inderogabile significa che il voto non può essere rinviato a dopo le regionali. La maggioranza azzarda e accetta la tesi del centrodestra: il voto sulla perentorietà passa così all'unanimità. Risultato, i 30 giorni (da quando la richiesta del tribunale dei ministri di Catania è arrivata alla Giunta) scadono proprio il 17 gennaio. Quindi si vota subito? E nonostante l'assenza di due senatori di maggioranza, Pietro Grasso di Leu e Mario Giarrusso dei 5S, in missione in America? Improbabile. Ma soprattutto l'ipotesi cozza con il preavviso di almeno 24 ore, previsto dal regolamento, per riunire una Giunta. A suggerire l'escamotage vincente è Ugo Grassi, il senatore da poco passato dai 5Stelle alla Lega. Firma un ordine del giorno in cui tenendo conto dei 30 giorni perentori (appena votati), ma anche dell'assenza dei due senatori e del preavviso di 24 ore, chiede una deroga alla deroga. Cioè si voti il 20 gennaio perché quella era la data già scritta nel calendario dei lavori. FI e FdI si associano alla proposta e la presidenza la mette ai voti. Votando anche lei, per superare l'impasse. Da qui gli strali contro la seconda carica dello Stato, che potrebbe tradursi anche in una mozione di sfiducia, si ragiona semrep in ambienti della maggioranza.