Capaci, pentito di Catania: "Non demmo armi ai palermitani"
Di esplosivi non ne so nulla e non mi risulta che le famiglie catanesi abbiano fornito l'esplosivo per le stragi alle famiglie palermitane". Lo ha detto Natale Di Raimondo, uomo della famiglia mafiosa Santapaola di Catania, chiamato a deporre come teste in Corte d'assise d'appello a Caltanissetta nel processo di secondo grado per la strage di Capaci. "Le uniche armi di cui posso parlare - ha detto - sono l' enorme carico che arrivò dalla Jugoslavia che, per un 80 per cento furono conservate preso la casa di un catanese vicino ai Santapaola e per un altro 20 per cento distribuite in alcuni rioni della città. Ercolano seppe di questo e si arrabbiò tantissimo perché non voleva che si distribuissero in giro. C'era un bazooka e altre armi leggere, molte mitragliatrici". "Ho conosciuto personalmente Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella e Antonino Gioè. - ha proseguito - Questi ultimi li conobbi in occasione per fare una cerimonia di iniziazione per un certo Mazzei". Oggi è stato sentito anche Marcello D'Agata che però si è avvalso della facoltà di non rispondere. La prossima udienza è fissata per il 20. In quella occasione sarà sentita la genetista Nicoletta Resta. Il 16 dicembre, invece, i giudici di Caltanissetta decideranno sull'istanza di ricusazione della corte presentata dai boss Salvatore Madonia e Vittorio Tutino.